Corriere 28.2.16
Il rito di tessere e mozioni che si è spostato nei gazebo
Mozioni,
 delegati, tessere e correnti. A lungo i congressi di partito sono stati
 al centro della storia politica: sia nel merito — spesso erano 
l’occasione per un cambio di leadership o una «svolta» (in alto a 
sinistra l’assise del ‘75 in cui il Pci definisce la linea del 
compromesso storico) — sia dal punto di vista simbolico (a destra Craxi e
 Berlinguer al congresso Psi di Verona, 1984). Il «rito» congressuale, 
giorni di dibattito pubblico e trattative nei corridoi, era 
imprescindibile anche per definire gli equilibri tra i leader (in basso a
 sinistra D’Alema e Veltroni al congresso del Pds, 1995).Nel più grande 
partito della sinistra la simbologia ha retto fino allo scioglimento dei
 Ds : al congresso del 2007 (foto in basso a destra) il segretario 
Fassino, in lacrime, dà il via libera al Partito democratico (con lo 
stesso obiettivo, contemporaneamente, si scioglieva la Margherita). E 
con il Pd, il congresso cambia forma: restano le mozioni, i leader che 
le incarnano, il voto nei circoli, ma a livello nazionale la battaglia 
si fa nelle urne. Lo chiamano ancora congresso, ma a decidere la 
leadership sono le primarie.