sabato 27 febbraio 2016

Corriere 27.2.16
Una polemica che nasconde una scissione impossibile
di Massimo Franco

Il ruolo di alleato governativo assunto da Denis Verdini con il sì alle unioni civili sta accentuando i malumori nella minoranza del Pd. Ma in parallelo mostra anche tutti i limiti degli avversari interni di Matteo Renzi, che chiedono la convocazione di un congresso: senza ottenerla, perché le chiavi del partito sono in mano al premier. Da tempo tra i Dem si osservava con inquietudine l’avvicinamento dell’ex pattuglia berlusconiana. Ora che si è realizzato, tuttavia, l’unico strumento sarebbe una scissione. Nessuno, però, la vuole.
I renziani accusano la fronda di usare l’approvazione della legge per colpire il governo. Dietro l’ira della minoranza dem per la rinuncia di Renzi all’adozione dei bambini per le coppie omosessuali, si intuiva una trappola: portare Renzi al muro contro muro, che alla fine poteva provocare la crisi del governo. Insomma, è stata l’ennesima tappa dello scontro nel Pd: conflitto che si replica nella scelta dei candidati alle Amministrative.
Le opposizioni continuano a chiedere la convocazione di Renzi da parte del capo dello Stato, Sergio Mattarella, prefigurando una lunga polemica sul cambio di maggioranza che sarebbe avvenuto giovedì a Palazzo Madama. È difficile, però, che l’agitazione trovi sbocco. Per quanto al limite della forzatura, le procedure seguite da Palazzo Chigi hanno lasciato una patina di ambiguità sul ruolo dei diciannove senatori di Verdini. Il loro voto, ribadisce il governo, è stato aggiuntivo, non decisivo.
Viene ricordato che ai tempi dei governi di Mario Monti e di Enrico Letta, quando FI faceva parte della maggioranza, Verdini aveva votato altre fiducie. Insomma, gli attacchi segnalano più la tensione nel Pd che possibili contraccolpi. La vera sfida, per Palazzo Chigi, proviene dall’Europa. Il rapporto europeo sull’Italia, diffuso ieri, marca i limiti della ripresa economica: anche se la visita a Roma del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha siglato una tregua, se non la riconciliazione, con Renzi.
Si tratta di una tregua che entrambi dovevano raggiungere. L’Italia rischia l’isolamento sui margini di flessibilità della spesa pubblica. E l’Ue non può permettersi lo scontro con un Paese fondatore in una fase di così vistosa debolezza. E poi, la posizione di Renzi sui migranti riflette le preoccupazioni di Bruxelles. Per il governo di Roma, come per la Grecia, una «piccola Schengen»» con i confini chiusi a nord bloccherebbe i profughi sul nostro territorio.