giovedì 25 febbraio 2016

Corriere 25.2.16
L’«inarrestabile» Verdini: «Matteo liberatore del Pd»
In Aula I senatori di Ala Denis Verdini e Riccardo Mazzoni ieri a Palazzo Madama durante la discussione del decreto Milleproroghe (Jpeg)
di Francesco Verderami

ROMA Con le unioni civili si formalizza la coppia di fatto Renzi-Verdini. Che il processo di avvicinamento all’area di governo fosse «inarrestabile» l’ex braccio destro di Berlusconi l’aveva però detto all’indomani della battaglia in Senato sul «canguro», vinta dai grillini e persa dal premier. Quel giorno Verdini non volle commentare l’accaduto. Come un allenatore stranito per aver visto il campione svirgolare la palla davanti alla porta, allargò le braccia e rilevò che «senza il Pd unito non c’è scouting che tenga. Non si porta a casa il risultato». Due settimane dopo e dopo un cambio nello schema di gioco che consegna Alfano al centro dell’attacco, c’è solo da buttare la palla in rete.
Ma il voto di fiducia oggi per Verdini sarà solo una fase di passaggio rispetto al processo che considera «inarrestabile» e che ha bisogno di tempo: «Ci vorrà ancora un po’ di tempo», spiegò, proiettandosi verso la campagna referendaria d’autunno, quando l’alleanza nel «fronte del sì» con Renzi sancirà il completamento dell’operazione. «Fammi sapere quale governo dovrò sostenere», cantava quel giorno Verdini a tavola insieme ai suoi più fidati. E di lì a qualche giorno il leader del Pd gli avrebbe risposto con una citazione canora: «Strani amori», recitò davanti all’Assemblea del suo partito, riferendosi esplicitamente al capo del gruppo Ala.
Il processo è «inarrestabile», Verdini lo descrisse come una legge fisica. E l’avvicinamento — a suo parere — non è solo conseguenza dei numeri parlamentari ma frutto di una nuova stagione di cui il premier è interprete. Anzi, l’ostetrica. «Renzi è il liberatore del Pd. Sì, certo, in quel partito la tradizione continuerà ad essere rispettata ma è in atto un cambiamento sociale prima ancora che politico nel suo stesso blocco di riferimento. Guardate ragazzi che gli elettori del Pd sono più a destra di noi».
Un paradosso? Fino a un certo punto, almeno a sentire la tesi di Verdini: «Faccio un esempio. Cosa credete sceglierebbero oggi gli elettori democratici tra lo slogan di Padoa-Schioppa, secondo cui “le tasse sono belle”, e l’idea di pagare meno tasse? Ecco perché considero Renzi un liberatore del Pd. Lui ha liberato la sinistra da vecchi stereotipi. E parlo con rispetto della sinistra», aggiunse alludendo alla «ditta». Sembrava davvero sincero visto il modo in cui ricordava di aver «dialogato con loro per anni. Ci ho fatto accordi politici e sono rimasto in buoni rapporti personali. Porto rispetto. Io parlo però di un’altra cosa. Quel mondo è antico, gli elettori sono cambiati. Pensate ai volontari delle feste dell’Unità: i loro figli sono diventati stimati professionisti che hanno il loro macchinone, e che non vorrebbero pagarci sopra il superbollo».
Gli esempi quel giorno servirono a Verdini per spiegare il processo «inarrestabile» e per tratteggiare lo scenario di un centro «distinto e un po’ distante» da Renzi, ma alleato con lui. Un mondo nuovo. In tutti i sensi. «Scusate, ma a cosa volete opporvi quando Elton John, che commemorò lady Diana davanti alla Corona, si presenta sempre mano nella mano con il suo uomo e con il figlioletto in braccio... In quella immagine c’è la costituzionalizzazione di un modello di famiglia. Certo che se poi mi chiedono cosa preferisco, io rispondo la famiglia tradizionale. Che c’entra?».
A quel punto Verdini prese dal tavolo l’opera omnia di Alda Merini, che aveva appena acquistato per «capire se sbaglio a immaginarla come una poetessa sopravvalutata»: «Devo studiarmela». Così si congedò, non prima di lanciare una profezia sui grillini: «Non sanno in che guaio si sono cacciati, boicottando la legge sulle unioni civili. La lobby gay è fortissima e gliela farà pagare cara».