Corriere 24.2.16
La condanna europea per il caso Abu Omar: una lezione da imparare
Italia
Una democrazia non può tradire se stessa legittimando con l’uso del
segreto di Stato gli abusi su una persona e sui suoi diritti
di Armando Spataro
La
Corte europea dei Diritti dell’uomo ha condannato il governo italiano
per il segreto di Stato apposto nella vicenda del sequestro
dell’egiziano Abu Omar, all’epoca indagato quale sospetto terrorista,
rapito il 17 febbraio 2003 a Milano e poi trasportato in volo in Egitto,
per esservi illegalmente detenuto e a lungo torturato. Per il sequestro
sono stati definitivamente condannati un maresciallo dei carabinieri
reo confesso e — caso unico al mondo — 26 americani, di cui 25
appartenenti alla Cia. A cinque di loro è stata negata l’immunità
diplomatica.
La sentenza di Strasburgo, però, è collegata
soprattutto alla incriminazione per concorso nel sequestro di cinque
funzionari italiani del Sismi, tra cui l’alto ufficiale che lo dirigeva
all’epoca dei fatti. Ben quattro capi di governo in successione (Prodi
per primo, poi Berlusconi, Monti e Letta), tra il 2007 ed il 2013,
sollevarono dinanzi alla Consulta vari conflitti di attribuzione contro
le autorità giudiziarie procedenti, «accusate» di voler utilizzare
elementi di prova ritenuti coperti dal segreto di Stato.
Dopo il
silenzio del Copasir e dopo varie sentenze, anche della Consulta, la
Corte d’appello di Milano, nel febbraio 2013, affermando che il segreto
di Stato non può coprire attività illegali non rientranti nei compiti
istituzionali dei Servizi, condannava l’ex n. 1 del Sismi a dieci anni
di reclusione e gli altri funzionari a pene comprese tra i nove e i sei
anni. Nel febbraio 2014, però, la Corte Costituzionale, a seguito dei
«conflitti» sollevati dai governi Monti e Letta, annullava la condanna
affermando che «la copertura del segreto» per scelta di chi «è titolare
del relativo munus», poteva arrivare a coprire, oltre a direttive
operative, «...i rapporti con i Servizi stranieri, anche se riguardanti
le renditions ed il sequestro di Abu Omar. Ciò, ovviamente, a condizione
che gli atti e i comportamenti degli agenti siano oggettivamente
orientati alla tutela della sicurezza dello Stato». La Corte di
Cassazione, pertanto, due settimane dopo, era costretta ad annullare
definitivamente la precedente condanna, muovendo però forti critiche
alla Consulta la cui «pronuncia sembra abbattere alla radice la
possibilità stessa di una verifica di legittimità, continenza e
ragionevolezza dell’esercizio del potere di segretazione con
compromissione del dovere di accertamento dei reati da parte
dell’autorità giudiziaria, che inevitabilmente finisce per essere
rimessa alla discrezionalità della autorità politica».
Complicata
ricostruzione dei fatti, dunque, ma doverosa per arrivare a capire come
la Cedu abbia dato ragione alle tesi della Corte di Cassazione e della
A.G.di Milano.
Il governo italiano, a dire il vero, è rimasto
silente anche di fronte alle numerose Risoluzioni e Raccomandazioni
emesse, tra il 2007 e il 2014, dal Parlamento europeo e dal Consiglio
d’Europa che pure lo avevano invitato a revocare il segreto di Stato ed a
collaborare con l’Autorità giudiziaria. Un silenzio spiegato con il
dovere di riserbo derivante dai rapporti di alleanza con gli Stati Uniti
che però mai avevano negato le proprie responsabilità nel sequestro ed
il cui Senato, anzi, nel dicembre del 2014, è stato capace di condannare
le prassi delle renditions, delle prigioni segrete e delle torture e di
ammetterne l’assoluta inutilità rispetto al contrasto del terrorismo.
Ed anche le indagini su Abu Omar e sui suoi complici, infatti, furono
danneggiate dal rapimento dell’egiziano.
Il segreto di Stato —
dice ora la Corte europea — ha reso impossibile giudicare gli italiani
del Sismi e ciò in violazione della Convenzione dei Diritti dell’uomo.
Da
Strasburgo, insomma, esce un messaggio forte per il mondo: le
democrazie — come scriveva Antonio Cassese — non possono smentire se
stesse negando i diritti fondamentali delle persone, anche se si tratta
di terroristi.
Servirà a qualcosa la sentenza di Strasburgo? Forse
a risarcire chi è stato rapito e torturato, ma difficilmente
determinerà autocritiche da parte di chi ha deciso o legittimato con
astrusi argomenti l’uso del segreto di Stato in questa vicenda. La
nostra immagine ne esce frantumata, ma è inutile sperare che qualcuno
pensi ad imitare la ministra della giustizia francese Taubira, capace di
dimettersi per il solo rischio di vedere costituzionalizzata
l’emergenza .
Procuratore della Repubblica di Torino