martedì 23 febbraio 2016

Corriere 23.2.16
La minoranza grida alla forzatura «I voti ci sono, i grillini sono un alibi»
La sinistra dem teme le richieste dei centristi e vorrebbe andare alla prova dei numeri
di Monica Guerzoni

ROMA L ’idea di Renzi di accordarsi con Alfano sacrificando il «cuore» delle unioni civili — quella stepchild adoption che per la sinistra è il simbolo della legge — ha scatenato una tempesta nel Pd. La minoranza è insorta e una corrente di perplessità e paure sta montando, sottotraccia, anche nella maggioranza e tra gli esponenti del governo. A microfoni spenti c’è chi parla di «errore politico» e la tensione è tale, in vista dell’assemblea dei senatori dem alle 13 con il premier, che il finale è ancora incerto.
La via del patto con l’Ncd è tracciata, tanto che Alfano e Maria Elena Boschi sono al lavoro per trasformare quel che resta del ddl Cirinnà in un maxiemendamento, sul quale verrebbe posta la questione di fiducia. Eppure nel Pd sono tante le voci autorevoli che consigliano a Renzi di rinunciare alla fiducia e di verificare, in aula, le reali intenzioni del M5S. Lo grida la minoranza, che giudica la fiducia «una grave forzatura» e, con Miguel Gotor, sprona Renzi a non cambiare strada: «I voti ci sono, ma non li si vuole cercare. I grillini sono usati come alibi». Lo invoca un ex ministro «diversamente renziano» come Cesare Damiano: «La strada dell’accordo di maggioranza è sbagliata». E lo chiede il numero due della Boschi al ministero delle Riforme, che ha condotto in prima persona le mediazioni più delicate. «Renzi ha messo lì due opzioni e io penso — è il consiglio accorato di Luciano Pizzetti — che quella migliore rimanga il percorso parlamentare». Per il sottosegretario ci sono tutte le condizioni per portare a casa «una buona legge», se il M5S si deciderà a mettere le carte sul tavolo: «Vedremo se i cinquestelle hanno a cuore i diritti delle persone, o se incarnano l’andreottismo della seconda Repubblica».
Renzi però non si fida, si è convinto che il terreno parlamentare sia pieno di mine e non vuole rischiare. I cinquestelle chiedono di togliere di mezzo maxiemendamento e fiducia e giurano che voteranno la legge, ma intanto sparano sul premier. «Come fai a fidarti di Verdini? È un mercenario — attacca Alberto Airola — Se Renzi fa la legge con Alfano, fa una legge pessima, monca». In assemblea il presidente Zanda metterà ai voti le due opzioni e imboccare la via d’uscita indicata dal segretario non sarà indolore.
Al vertice del Pd, in diversi sono rimasti spiazzati dall’annuncio a sorpresa di domenica mattina. Si dice che persino il ministro Andrea Orlando, in prima linea come pontiere con il Ncd e con la minoranza dem, nulla sapesse della svolta di Renzi sullo stralcio della stepchild adoption. Prova ne sia che la sua corrente dei «giovani turchi» chiede a Zanda garanzie sul maxiemendamento: «Altrimenti indicheremo la via parlamentare», annuncia il coordinatore Francesco Verducci. E adesso a preoccupare sono le mosse dei centristi, è il timore che Ap alzi il prezzo provando a indebolire le unioni civili. Sì, perché agli ultrà cattolici non basta lo scalpo delle adozioni e infatti Roberto Formigoni (come Cesa e Binetti) pone tre condizioni per l’accordo: cassare la stepchild adoption, eliminare ogni riferimento ai matrimoni e proclamare l’utero in affitto reato universale.
Condizioni inaccettabili per la minoranza del Pd e anche per molti esponenti della maggioranza. Beppe Lumia, che ha scritto gli emendamenti alla legge Cirinnà recepiti dal maxiemendamento, avverte: «Non abbiamo pregiudizi a un accordo con Ncd, ma l’ipotesi va verificata nel merito. Se mettono in discussione le assi portanti della legge, sarà Renzi il primo a dire no».
La mission del Pd, cattodem esclusi, è mettere in sicurezza le unioni civili nella loro pienezza, perché la legge non diventi una bandiera strappata e perché i tribunali possano continuare a tutelare i diritti dei minori.
I senatori dem temono scherzi e vogliono vedere il nuovo testo prima dell’assemblea. «La stepchild adoption era un elemento essenziale — ricorda Cecilia Guerra, già viceministro —. Per cambiare linea serve la prova provata che il M5S non ci sta. Non accetteremo che Ncd giochi questa partita per deturpare una legge che è il minimo sindacale».
Sel non voterà una fiducia «gravissima e sbagliata». E il leghista Calderoli lancia anatemi: «La fiducia sancisce la fine del renzismo ».