Corriere 18.2.16
Arte o vita ? I conflitti di Henry James
L’autore pose al centro dei suoi racconti il rapporto (pericoloso) tra scrittura e affetti
di Mario Andrea Rigoni
In
un eterogeneo libro di satira letteraria, pubblicato nel 1915 col
titolo Boon, The Mind of the Race , H.G. Wells fece una caricatura di
Henry James, ritratto come un superbo ma penoso ippopotamo deciso a
raccogliere a ogni costo, anche a costo della sua dignità, un pisello
che ha sospinto in un angolo della sua tana.
L’immagine,
aspramente grottesca quanto esilarante, illumina tuttavia il
procedimento dell’arte di James, autore di grandi racconti non meno che
di grandi romanzi, inadatti o preclusi per le loro descrizioni sottili,
minute e tortuose al lettore grossolano o frettoloso. Benché riconosca
l’artistica singolarità della mente di James, che alla fine arriva pur
sempre a raccogliere quel pisello, Wells non lascia intendere abbastanza
che l’elaborata costruzione narrativa del collega conduce sempre a una
rivelazione o a un segreto finale che non deluderà il suo paziente
lettore.
James — di cui ricorre tra pochi giorni il centenario
della morte, avvenuta a Londra il 28 febbraio 1916 — non solo scrisse
saggi sull’arte del romanzo, ma pose al centro di una certa parte della
sua opera narrativa, e in particolare in una serie di racconti, la
figura dell’artista, il problema del talento letterario, il rapporto fra
la scrittura e la vita, la differenza fra il successo e il valore.
Sulla
base di questo dato un illustre critico americano, Francis Otto
Matthiessen, l’autore di Rinascimento americano e di Le responsabilità
del critico , selezionò e pubblicò nel 1944 una raccolta di racconti di
James, tradotta anche in italiano da Einaudi nel 2005, col titolo
Racconti di artisti , in un elegante volume dei «Millenni».
Uno
dei più celebri ed esemplari fra questi racconti, che si possono
definire anche «ritratti», viene adesso ritradotto da Adelphi ( La
lezione del Maestro , a cura di Maurizio Ascari, pp. 120, e 12, in
uscita a marzo). Scritto e pubblicato nel 1888, il racconto mette in
questione il tema della perfezione artistica nella sua ambigua relazione
da un lato con l’affermazione e con la fama, dall’altro con la vita
privata e, più precisamente, con il matrimonio e le sue conseguenze.
Invitato
nella residenza di campagna del generale Fancourt, nei pressi di
Londra, un giovane scrittore di belle speranze, Paul Overt, incontra il
suo idolo letterario, il famoso romanziere Henry St George. Nello stesso
tempo conosce la giovane figlia del generale, Marian, ammiratrice sia
dell’uno sia dell’altro. Overt si innamora della ragazza, che sembra
corrispondere al suo interessamento, tanto che il giovane confida i
propri sentimenti a St George.
Questi è sposato e accompagnato
dalla moglie, che in passato gli ha fatto bruciare un libro
autobiografico che non le piaceva. St George mette in guardia Overt dal
conflitto fra le esigenze della vita matrimoniale e quella devozione
assoluta che l’arte, dea gelosa e spietata, richiede. Non solo:
sorprendentemente confessa il suo reale e completo fallimento come
artista a dispetto della celebrità universale di cui gode. Egli è
assolutamente consapevole di aver tradito la Musa, cedendo alle lusinghe
di vantaggi materiali e mondani: casa, cavalli, ricchezza, popolarità.
Ha avuto tutto — e mancato l’essenziale.
Sollecitato da St George a
coltivare esclusivamente il suo genio di scrittore, Overt si dedica per
due anni al lavoro ritirandosi dapprima in una località sul bordo del
lago di Ginevra e poi in Italia. Al ritorno in Inghilterra apprende che
St. George, rimasto nel frattempo vedovo, sta per sposare Marian.
Sentendosi vittima di una tremenda beffa, Overt rinfaccia a St George il
suo comportamento, ma St George si difende ribadendo che egli non è un
vero scrittore e che, con i suoi ammonimenti, ha solo salvato il destino
artistico di Overt. Anzi, St George dichiara di aver smesso di scrivere
e di volersi limitare, per il futuro, a leggere e ammirare le opere del
giovane talento.
Overt teme in realtà che St George possa
pubblicare un altro libro, nel qual caso egli si sentirebbe doppiamente
burlato da quel demone irridente. Non succede. Invece, quando uscirà il
nuovo libro di Overt, i St George lo troveranno splendido...
La
severità monacale della dottrina artistica di James può sembrare oggi un
tantino old-fashioned e, da un punto di vista della psicologia e della
sociologia della letteratura, forse anche lo è. Ma ciò non toglie
minimamente che egli abbia còlto un interno ed eterno conflitto
dell’artista e, insieme, prospettato una situazione che, oggi più che
mai in passato, rischia di divorare quel tanto di arte di cui siamo
ancora capaci: la paccottiglia acclamata, la grandezza simulata, la
ciarlataneria di successo.