sabato 13 febbraio 2016

Corriere 13.2.16
L’ex isola «atea» al centro dei giochi grazie a Raúl (e al doppio legame)
di Rocco Cotroneo

Il paradosso cubano colpisce ancora. Un’isola di medie dimensioni, senza risorse strategiche, con una popolazione (11 milioni) inferiore a quella di tante metropoli, è di nuovo all’attenzione del mondo intero. Come è possibile che uno Stato la cui Costituzione raccomandava l’ateismo fino a vent’anni fa diventi sede privilegiata di un incontro religioso che resterà nella storia? Prima Fidel Castro, poi con altrettanta abilità il fratello Raúl, sono sempre riusciti a trovare il modo per rendere l’isola caraibica più importante nella grande geopolitica di quello che realmente sia. E a far dimenticare ogni volta la mancanza di democrazia e lo scarso rispetto dei diritti umani. A un anno dal disgelo con gli Stati Uniti, e dopo aver benedetto la pace in Colombia tra governo e guerriglia (ponendo fine a decenni di trattative a vuoto), Rául Castro riesce stavolta, semplicemente «prestando» un aeroporto, a infilarsi in una disputa secolare come la divisione dei cristiani grazie al doppio legame che Cuba ha mantenuto con i due mondi. Con la Russia, per il passato non troppo remoto dell’asse militar-economico con l’Unione Sovietica, e con il Vaticano grazie al consolidamento dei rapporti nel fondamentale anno 2015, quello che ha visto sia la visita di papa Francesco, sia l’annuncio della pace con gli Stati Uniti e la riapertura delle ambasciate. Per i quali la mediazione vaticana è risultata fondamentale.