Corriere 13.2.16
La «Chiesa in uscita» verso le periferie
L’occhio al Sud del mondo. Geopolitica di un Pontefice
di Luigi Accattoli
C’è
una geopolitica di papa Bergoglio? Che ci dicono le sue iniziative per
il disgelo tra Cuba e gli Usa, per portare in Vaticano Peres e Abu
Mazen, per il superamento del conflitto interno alla Colombia, per un
accordo con la Cina, per il sorprendente incontro di ieri con Kirill a
Cuba? Che idea caviamo dalla geografia dei suoi spostamenti sul pianeta?
Una
prima approssimazione la potrebbe fornire l’insistenza dei suoi viaggi
sull’Asia e sull’America Latina: ora è in Messico, ha toccato due volte
Cuba, è stato in Brasile, in Ecuador, in Bolivia e in Paraguay. In Asia
ha visto la Corea del Sud, lo Sri Lanka e le Filippine, ha detto che
andrebbe «anche domani» in Cina e che all’Asia si deve dedicare con
particolare impegno stante la minima presenza cristiana in quel
continente.
Il Papa venuto dall’Argentina guarda alle periferie
mondiali, al Sud del mondo in generale e — da gesuita — con prioritaria
passione mira alla Cina. In altre parole: il Papa della «Chiesa in
uscita» vorrebbe che l’uscita avesse a meta le popolazioni più vaste e
più lontane rispetto al centro romano della cattolicità.
Con
analoga approssimazione si potrebbe dire che Karol Wojtyla, Papa slavo,
guardava in primis all’Europa centro-orientale, dov’è riuscito a
visitare 9 volte la sua patria e dove — caduto l’impero sovietico — ha
potuto vedere in ordine di tempo Cecoslovacchia, Albania, Lituania,
Lettonia, Estonia, Croazia, Slovenia, Berlino, Bosnia, Romania, Georgia,
Ucraina, Kazakistan, Armenia, Azerbaigian, Bulgaria.
Il cuore di
Benedetto batteva invece per l’Europa centro-occidentale: nei suoi otto
anni è tornato tre volte nella sua patria ed è riuscito a vedere —
nell’ordine — Polonia, Spagna, Austria, Francia, Repubblica Ceca, Malta,
Portogallo, Gran Bretagna, Croazia. Egli — che è stato definito
provvisoriamente «l’ultimo Papa europeo» — era preoccupato per la crisi
delle Chiese del Vecchio continente e si adoperava, come poteva, a
risvegliarle.
Ma in questi primi tre anni del Pontificato di
Francesco c’è di più degli spostamenti sul pianeta per cogliere qualcosa
della strategia che lo muove. La sua idea della Chiesa in uscita è
un’idea missionaria a tutto campo, che — nell’intenzione — non sottostà a
nessuna regola politica o ideologica e mira anzi a sovvertirle, o
eluderle, per ottenere l’obiettivo di avvicinamento a ogni umanità.
Eccolo dunque che prende iniziative apparentemente impossibili, si muove
con libertà, non pone condizioni formali o di prestigio. Si preoccupa —
per usare il suo linguaggio — di «avviare processi» più che di
acquisire «territori», cioè obiettivi. Stabilisce contatti, propone
incontri. Si espone disarmato a ogni strumentalizzazione. È convinto che
ostilità ed equivoci alla fine cadranno se il cammino avviato
proseguirà.