Corriere 12.2.16
La psicoterapia come espediente per raccontarsi
La
pratica delle costellazioni familiari è originariamente una terapia di
gruppo ideata dallo psicoterapeuta Bert Hellinger, in cui i partecipanti
si prestano a interpretare a turno, in una messa in scena, i ruoli
familiari del Padre, della Madre, del Figlio. Il soggetto che vuole
raccontare i propri conflitti personali sceglie nel gruppo terapeutico,
spesso raccolto in cerchio intorno a lui, coloro che «rappresenteranno» i
genitori o altre figure familiari, li sistema in piedi davanti a sé, e
poi dice loro — come direbbe ai genitori veri — ciò che prova, quali
conflitti nutre, quali rimorsi o frustrazioni. E gli estranei chiamati a
interpretare i ruoli materni o paterni, guidati dal terapeuta o
«facilitatore», possono rispondere in modo quasi rituale, con abbracci,
con sorrisi, con il perdono. Proprio in un gruppo del genere, ma in
versione sfrenatamente New Age, in una palazzina sgangherata, con un
«cerchio di sedie raccapezzate» e con un sedicente facilitatore
fintamente esotico, va a infilarsi la protagonista del nuovo libro di
Rosa Matteucci, Costellazione familiare , pubblicato da Adelphi. In
questo romanzo di tono autobiografico, la protagonista, dopo aver
ascoltato le goffe «costellazioni» degli altri convenuti, quand’è il suo
turno mette in scena la storia della propria famiglia, e con questo
espediente ce la racconta. La struttura «a cornice», che pare esile,
grazie alla scrittura della Matteucci diventa una sponda poderosa che dà
il ritmo — e concede qualche fia to — alla vicenda drammatica narrata,
alternando la rappresentazione nel gruppo «terapeutico», giocata in toni
schiettamente grotteschi («Era tutto un vorticare di sguardi estatici»,
«L’entropia toccava vette sideree»), alla storia della famiglia, che
racconta la morte dei genitori e in particolare quella della madre. Qui
la duttilità della scrittura attraversa uno spettro amplissimo di umori:
la ferocia con cui è descritta l’infanzia a quattro zampe insieme ai
numerosi cani della famiglia, veri coprotagonisti teneri e spassosi del
libro («come i cani, se staccata dall’habitat familiare, mi bastano
quarantott’ore per entrare in modalità selvatica»), la distante, ma
accorata ironia sulla morte («solo mio padre perfezionò la possibilità
di morire in un incidente sull’Autostrada del Sole»), e poi la paura,
per l’apparizione improvvisa della malattia della madre («imboccavo le
curve larghe, sbandavo, perché la Morte di mia madre era appena arrivata
e dovevo scarrozzarla»). Le pagine più belle sono quelle in cui la
prosa serratissima della Matteucci si allenta, sembra placarsi, si
consente una maggiore vicinanza al dolore: verso la fine del romanzo,
ormai i lettori condividono con la narratrice perfino il lessico
familiare, così insolito, il vocabolario privato fatto di codici, di
frasi chiave che hanno segnato episodi particolari della vicenda, e
allora la scrittura può farsi più rarefatta, meno febbrilmente
evocativa. La «rappresentazione» cade o si assottiglia, e come nel
cerchio terapeutico le controfigure delle madri e dei padri sembrano
incarnarsi davvero, così il dolore nel romanzo si fa vicinissimo, e il
termine «madre» scivola dolcemente nella parola «mamma ».
Il libro
: il romanzo «Costellazione familiare» di Rosa Matteucci, pubblicato da
Adelphi (pagine 167, e 17) sarà presentato domani a Orvieto al Palazzo
dei Sette (ore 17.30), e il 22 febbraio a Milano al Teatro Parenti, con
letture dell’attrice Federica Fracassi (ore 18,30, e 3,50)