sabato 9 gennaio 2016

Repubblica 9.1.16
Il retroscena
Il governo accelera: lunedì voto alla Camera, il 19 al Senato. Sì finale ad aprile
La road map del premier “Così si può sovrapporre ilreferendum alle comunali”
di Carmelo Lopapa

ROMA. Il piano di Renzi per il 2016 è una corsa che porta dritti in volata verso l’approvazione finale della riforma costituzionale. Ma con un’accelerazione improvvisa che apre a scenari finora inediti. Perché il ddl Boschi che diventerà legge ad aprile e l’Itali-cum che entrerà in vigore a luglio metteranno davvero nella disponibilità di Palazzo Chigi la carta jolly delle elezioni anticipate. Magari pochi mesi dopo il referendum.
Il timing che Matteo Renzi ha imposto in queste ore ha sorpreso anche i suoi più stretti collaboratori. E ha portato alla stipula di un patto tra i partiti di maggioranza che ha coinvolto le presidenze delle Camere. «Voglio il foto finale sulle riforme entro aprile, l’11», è la finish line piazzata dal presidente del Consiglio, che non ammette dilazioni. A quel punto, tempi lampo anche per il referendum e sull’eventuale congresso Pd da tenere magari in rapida successione.
Quel che è certo è che, se il percorso sarà portato a traguardo senza incidenti e nei tempi stabiliti, da aprile, con la campagna per le amministrative di giugno (probabile il 12) il segretario pd farà partire in conteporaneaanche quella decisiva per il referendum costituzionale. Consultazione che lui immagina come plabiscito sull’intera azione riformatrice del suo governo: sì o no . Senza la mannaia del quorum. Da lì, come ha detto il presidente del Consiglio a fine anno, dipendono i destini della sua permanenza a Palazzo Chigi. In un senso o nell’altro: perchè anche sull’onda di un eventuale successo il premier a quel punto potrebbe preferire non perdere tempo e piuttosto portarlo a profitto (elettorale).
Ma un passo alla volta. Il countdown scatta lunedì, quando la Camera nel pomeriggio è chiamata ad approvare il testo del ddl Boschi che riforma il bicameralismo paritario. Passaggio rapido, scontato (per i numeri della maggioranza a Montecitorio) ma tutt’altro che ininfluente nella sostanza: il testo che sarà varato infatti, dopo i precedenti passaggi nei due rami del Parlamento, sarà quello definitivo. Occorreranno altri due “sì” secchi: al Senato e poi alla Camera. Ma su un disegno di legge blindato: non sarà cioè più emendabile, modificabile. Una discussione unica e poi approvazione o bocciatura. Il punto di svolta è l’uno due che a sorpresa si consumerà nell’arco di una settimana. Sul voto di lunedì 11 gennaio a Montecitorio nessuno aveva dubbi. Quel che tutti si attendevano era un rinvio poi alle settimane successive per l’ok che dovrà seguire a Palazzo Madama. E invece no, qui l’accelerazione, altro che settimane: sull’agenda del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi quel passaggio di una sola seduta al Senato dovrà cadere otto giorni dopo: il 19 gennaio. E così, spiegano dalla maggioranza, è ormai deciso. Il gioco allora è fatto: tre mesi di tempo dal sì della Camera e l’11 aprile sempre Montecitorio darà l’ultimo, definitivo sì.
Da lì, da aprile, inizia un’altra storia, nei piani di Palazzo Chigi e del Nazareno. Saranno i giorni quelli successivi alla Pasqua - in cui dovrà partire la campagna per il voto nelle grandi città. Ma per Matteo Renzi la campagna sarà unica, coinciderà con quella referendaria, riguarderà anche la «nuova forma di Paese» che il suo governo e la sua maggioranza hanno impresso con la riforma costituzionale. Due campagne in una. E allora, sarà difficile anche per Angelino Alfano e i suoi centristi schierarsi su un altro fronte nella concomitante corsa ai comuni. La consultazione dovrà tenersi dopo tre mesi dall’ultimo sì del Parlamento (in teoria da luglio), più realisticamente sarà convocata subito dopo l’estate, nei primi di ottobre.
Nessuno, neanche a Palazzo Chigi, ritiene che il risultato sia acquisito, che sarà una passeggiata. «Ci sarà da sudare, avremo tutti contro, ma da una parte ci saremo noi, il partito del cambiamento, dall’altra loro, i difensori della casta, e gli italiani non avranno dubbi» va ripetendo assai fiducioso Matteo Renzi. Il fatto è che nel frattempo la riforma elettorale, l’Italicum approvato l’anno scorso in via definitiva, sarà entrato in vigore: avverrà proprio a luglio, come prevede la clausola al testo. E con un nuovo assetto istituzionale e un nuovo sistema di voto in mano al premier, tutto può accadere. Di certo, nulla sul piano tecnico potrà impedire un eventuale ritorno anticipato alle urne. Nulla tranne un passaggio: una nuova legittimazione interna per il segretario- premier. Anticipare i tempi del congresso, nelle ultime settimane di questo 2016 è un’altra possibilità che lo scenario aprirebbe. Le opposizioni - dai grillini a Forza Italia, dalla Lega alla Sinistra italiana passando per i conservatori di Fitto - ovviamente scommettono su un altro schema. «Il referendum sarà l’ultima occasione per per riaprire il centrosinistra e archiviare la stagione renziana» sostiene l’ex Pd Alfredo D’Attorre. Renzì sì o no, appunto.
Il premier intanto procede a tappe forzate e si prepara a puntellare il governo già nelle prossime settimane. C’è ancora da coprire la casella degli Affari regionali, posto di pertinenza Ncd. Al nome ricorrente (e gradito al capo del governo) di Dorina Bianchi, in queste ore si affianca quello dell’attuale viceministro alla Giustizia Enrico Costa. Angelino Alfano per quel posto vorrebbe puntare su Gabriele Albertini, tra l’altro ex sindaco che potrebbe aiutare nella campagna per il voto di giugno a Milano. Ma la vera partita è un’altra. Quella delle riforme, appunto.
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