mercoledì 6 gennaio 2016

Repubblica 6.1.16
“Il metodo scientifico? Farsi capire dalle nonne”
Richard Roberts, vincitore per la Medicina e paladino degli ogm: “La chiarezza è tutto”
intervista di Piergiorgio Odifreddi


Richard Roberts è il vincitore del premio Nobel per la medicina del 1993 per la scoperta che il patrimonio genetico degli esseri viventi è suddiviso in due parti: una piccola, “codificante”, e una grande, in origine denominata come “spazzatura”, ma che con il passare del tempo si sta rivelando sottilmente depositaria di informazioni di alto livello. Roberts è attivamente impegnato nella diffusione del sapere scientifico, e al meeting interdisciplinare dei premi Nobel tenuto nel 2015 a Lindau ha lanciato un appello ai suoi colleghi affinché si coalizzino contro una delle grandi superstizioni del mondo moderno: l’idea, cioè, che gli organismi geneticamente modificati (ogm) siano da demonizzare.
Lei sostiene che la propaganda anti ogm è orchestrata dagli ambientalisti, ma quali sarebbero le loro motivazioni?
«Molto semplicemente, la politica e l’economia: cioè, il potere e i soldi. Greenpeace, ad esempio, è un’organizzazione non governativa che riceve finanziamenti enormi. Infatti c’è molta gente che giustamente si preoccupa dell’ambiente, e ogni volta che trova una causa che sembra essere favorevole all’ambiente la sposa».
E perché concentrarsi sugli ogm?
«Perché erano una causa perfetta. Gli europei non volevano che la Monsanto diventasse il gestore alimentare dell’Europa, ma sarebbe stato difficile bloccarla in maniera convenzionale. Certo non si poteva boicottare direttamente qualunque suo prodotto, perché anche la maggior parte delle sementi convenzionali arriva dalla Monsanto. E allora si è trovato l’angolo giusto da cui attaccarla ».
Questa dovrebbe essere una preoccupazione della concorrenza, più che degli ambientalisti.
«Non c’è molta concorrenza in quel campo, che è praticamente un monopolio statunitense da molto tempo. La Monsanto esiste come colosso chimico dagli inizi del Novecento ed è attiva in Europa da più di un secolo, anche se ha iniziato a produrre sementi transgeniche solo una trentina di anni fa. E dopo la fusione con la Seminis Incorporated, una decina di anni fa, è anche diventata la prima produttrice di sementi convenzionali ».
Quando è iniziata la protesta?
«Non appena la Monsanto ha cercato di introdurre i primi ogm in Europa. La tecnologia che li ha resi possibili è stata sviluppata negli anni Settanta, e negli anni Ottanta la Monsanto ha ottenuto i primi grossi brevetti per le sementi. Uno famoso riguardava il modo di impiantare dei geni terminatori che impedissero il riutilizzo delle sementi, il che obbligava i consumatori a ricomprarli ogni anno e a pagare ogni volta i diritti per l’uso. Anche se questo è un falso problema, perché i contadini preferiscono usare sementi nuove piuttosto che sementi riciclate e degenerate».
Lei ha parlato dell’Europa, ma il movimento ambientalista non è solo europeo.
«Si è ormai diffuso in tutto il mondo, ed è forte anche negli Stati Uniti. Si cerca ad esempio di obbligare i produttori a dichiarare l’eventuale presenza degli ogm nei loro prodotti, per scoraggiarne il consumo. In questo caso la richiesta arriva dai produttori di prodotti cosiddetti “biologici” o “organici”, con l’obiettivo di alzarne i prezzi a causa della certificazione, e di aumentarne le vendite a causa della loro supposta qualità».
Molte persone vorrebbero che in certi prodotti non ci fossero “ingredienti chimici”...
«Io invece mi fido di più del trasferimento di uno specifico gene in condizioni controllate di laboratorio, che non di un trasferimento incontrollato di centinaia di geni avvenuto mediante una selezione casuale “naturale”».
La sua è una battaglia circoscritta, o genericamente antiambientalista?
«Greenpeace persegue molti altri ottimi obiettivi, ai quali sono assolutamente favorevole. Ma sugli ogm si sbagliano, e lo sanno anche loro. Patrick Moore, ad esempio, che oltre a essere uno dei loro fondatori è anche uno scienziato, se ne è distanziato proprio quando il movimento ha virato su quel genere di campagne politico-ideologiche».
Si può dire che a farne le spese sono i paesi del terzo mondo?
«Assolutamente sì, e la responsabilità è degli ambientalisti. Anche perché l’Europa non ha bisogno degli ogm può farne a meno, ma il terzo mondo no. Ad esempio, il Golden Rice che contiene la vitamina A è stato inventato nel 1999, e avrebbe potuto salvare dalla morte in tutti questi anni dieci milioni di bambini con deficienza di vitamina A, ma il suo uso è stato finora impedito dalla propaganda ambientalista. Quanti altri bambini dovranno morire, prima che questo diventi un “crimine contro l’umanità” da perseguire penalmente? ».
Come mai, però, questi falsi allarmi sono così efficaci?
«Perché appena qualcuno grida al lupo, subito la gente si agita e diventa paranoica. Ad esempio, prima dell’11 settembre i controlli di sicurezza erano inesistenti, e ora praticamente ci denudano prima di lasciarci passare. Ma io certo non mi sento più sicuro a causa di quelle sciocche procedure, che solo negli Stati Uniti ci costano ben un miliardo di dollari all’anno e causano un incredibile spreco di risorse. Il rischio del terrorismo non è così grande, ma il pubblico è facile preda dei discorsi dei politici sulla sicurezza, così come di quelli degli ambientalisti sugli ogm».
Forse c’è una mancanza di educazione scientifica?
«Certo. E noi scienziati ne siamo in parte responsabili, perché non abbiamo voglia di avere a che fare con i giornalisti e con il pubblico, e preferiamo parlare fra noi. Io dico sempre ai miei studenti che se vogliono lavorare con me devono passare il “test della nonna”: devono essere in grado, cioè, di spiegare alla propria nonna cosa fanno. Se riescono a farglielo capire, bene, e se no, devono trovare un altro modo di dirglielo, perché è importante riuscire a comunicare agli altri cosa si fa».
Ma con gli ogm non c’è anche l’idea che, manipolando il genoma, si sta “giocando a fare Dio”?
«Lo stiamo facendo da diecimila anni, con la selezione artificiale, la quale, oltre agli incroci, ha spesso usato a casaccio radiazioni e agenti chimici mutageni, alla faccia del “ naturale”. La manipolazione genetica oggi ci permette di fare la stessa cosa, ma procedendo non a caso e per tentativi ed errori, bensì in maniera pianificata e controllata. Non vedo cosa ce la possa far considerare peggiore, e non preferibile, se non l’ottusità».