Repubblica 4.1.16
Heidegger & Evola
Così il filosofo copiò l’antisemita
Scoperto un inedito in cui l’autore di “Essere e tempo” cita il teorico dell’inferiorità dello “spirito ebraico”
di Angelo Bolaffi
MARTIN HEIDEGGER: Il dominio della quantità che tutto livella distrugge ogni rango e ogni elemento di spiritualità terrena
JULIUS EVOLA: Quando una razza perde il contatto con quello che ha sprofonda nel mondo della casualità
In un appunto inedito di Martin Heidegger sotto la voce “razza” si legge: «Quando una razza ha perduto il contatto con quello che solo ha e può dare durevolezza — col mondo dell’Essere ( des Seyns) — allora gli organismi collettivi da essa formati, qualunque sia la loro grandezza e potenza, sprofondano fatalmente nel mondo della casualità». Si tratta di una citazione dall’opera di Julius Evola “Rivolta contro il mondo moderno”, pubblicata in Italia nel 1934 e in tedesco l’anno successivo, riportata letteralmente dal filosofo tedesco salvo adattare alla propria ortografia filosofica il termine “essere”. Thomas Vasek, redattore capo della rivista filosofica Hohe Luft in un approfondito articolo intitolato Un programma di sovvertimento spirituale apparso sul supplemento culturale della Frankfurter Allgemeine Zeitung di mercoledì 30 dicembre 2015 ha dato notizia dell’inedito e discusso le conseguenze filosofiche di questa scoperta che «potrebbe indirizzare l’incessante dibattito attorno ad Heidegger in una nuova direzione ». E questo per almeno due ragioni. La prima di natura squisitamente filologica. Infatti in nessuna delle opere di Heidegger, neanche nei testi pubblicati postumi, compresi i cosiddetti Quaderni Neri, ricorre il nome di Julius Evola. Ma neppure nella ormai sterminata Heidegger-Forschung, neanche nel recentissimo e ben informato lavoro di Donatella Di Cesare intitolato Heidegger e gli ebrei (Bollati Boringhieri, 2014), troviamo alcun riferimento a Evola. Ne è, sia pure lontanamente, accennata l’ipotesi un legame tra il filosofo italiano e quello di Messkirch.
La seconda ragione che fa di questo inedito qualcosa di filosoficamente rilevante sta nel fatto, almeno secondo Thomas Vasek, che la recezione del pensiero di Evola da parte di Heidegger potrebbe rivelarsi chiave di lettura della sua critica del mondo moderno e delle sue convinzioni antisemite.
Giulio Cesare Andrea Evola (meglio conosciuto come Julius) era nato a Roma nel 1898 città in cui morì nel 1974. Teorico fortemente incline all’esoterismo iniziatico di una “filosofia della cultura” dominata da valori aristocratici e tradizionalisti nonché da un razzismo antisemita, Evola fu convinto sostenitore del fascismo (salvo poi entrare in urto con il regime da lui accusato di aver tradito i “valori originari”) e autore nel 1937 della introduzione alla quinta edizione italiana dei cosiddetti Protocolli dei savi di Sion: l’infame falso storico utilizzato dal razzismo europeo per “giustificare” la persecuzione degli ebrei. Nella Germania degli anni Trenta durante la fase finale della Repubblica di Weimar, l’opera di Evola incontrò molto interesse negli ambienti della cosiddetta “rivoluzione conservatrice”. In particolare alcuni suoi saggi immediatamente tradotti in tedesco ebbero una importante risonanza come conferma una recensione di Gottfried Benn apparsa nel 1935 sulla rivista Die Literatur nella quale il poeta tedesco si espresse in termini di entusiastica adesione nei confronti delle tesi esposte da Evola proprio in Rivolta contro il mondo moderno giacché «chi ha letto questo libro», questo il suo giudizio, «vedrà l’Europa in modo diverso».
Le idee di Evola vennero anche discusse e criticate da Carl Schmitt come conferma l’epistolario intercorso tra i due autori oggi conservato nell’archivio di Düsseldorf.
E Heidegger? A parere di Thomas Vasek è possibile ritrovare nella sua critica della modernità segnata dall’”oblio dell’Essere” un’eco della “filosofia della cultura” di Evola. E della sua convinzione che al “mondo della tradizione”, nel quale un’aristocrazia spirituale aveva ancora un rapporto con la trascendenza, si contrappone con l’avvento tra il Settimo e il Sesto secolo avanti Cristo dell’umanesimo e del razionalismo la decadenza della modernità: «un meccanismo autoreferenziale che non è più possibile fermare». Una diagnosi questa che, infatti, ricorda molto da vicino quella heideggeriana secondo la quale la metafisica platonica e il pensiero astratto e oggettivante sarebbero all’origine di un processo che conduce al dominio della “macchinazione” e all’affermazione di una razionalità calcolante onnipervasiva volta a un dominio strumentale. E come secondo Heidegger «è il dominio della quantità, del numero che tutto livella e in tal modo sbarra l’accesso all’Essere che distrugge qualsiasi rango e qualsiasi elemento di spiritualità terrena» così per Evola «il mondo moderno derubato di ogni spiritualità trascendente perde fatalmente ogni legge gerarchica e ogni durevolezza».
In questo aspetto demoniaco della modernità si manifesterebbe secondo Evola lo “spirito ebraico” con la sua inclinazione per il calcolo e l’astrazione al quale per questo è possibile addossare la colpa di questo processo di decadenza. Analogamente per Heidegger che nella sua “storia dell’Essere” attribuisce agli ebrei un talento calcolatorio, “il temporaneo rafforzamento dell’ebraesimo” legato alla ascesa della razionalità moderna può essere identificato con il “principio di distruzione”.
Se le cose stanno così è allora legittimo ipotizzare che quello che è stato definito “l’antisemitismo metafisico di Heidegger” possa essere ricondotto alla “filosofia della cultura” di Evola? E per questo vedere nel “secondo Heidegger” «un esoterico radicalmente fascista che ambisce al dominio spirituale delle élites » per consentire «il ritorno degli dèi»? Fino ad oggi non disponevamo di documenti che confermassero un legame spirituale tra Evola e Heidegger. Ma la scoperta di questo appunto prova la lettura da parte sua del saggio più importante di Evola e comunque alimenta il sospetto che gli inediti del filosofo tedesco nascondano ancora molti segreti.
IL LIBRO Stato, grande spazio, nomos di Carl Schmitt (a c. di G. Maschke e G. Gurisatti, Adelphi, pagg. 527, 60 euro)