venerdì 29 gennaio 2016

Repubblica 29.1.16
Neanche Heidegger capì la macchina da scrivere
di Maurizio Ferraris

Anni fa si parlava di paperless office, ossia appunto di uffici dove la presenza di computer avrebbe reso inutile la carta, ma non è avvenuto, per il banale motivo che ci sono funzioni, come prendere un appunto rapido e visibile, in cui la carta è difficile da sostituirsi. Non è un caso, del resto, che da quando ci sono i computer, la produzione di taccuini e di penne è diventata più florida che mai. Il motivo è semplice: ci sono operazioni in cui la carta è un inciampo, per esempio nella corrispondenza, che richiede attività come l’acquisto di francobolli e buste, e inoltre non ti lascia copia di quello che hai scritto. Altre in cui è un vantaggio.
Il caso dei libri si pone a metà strada. C’è un senso in cui la lettura su un supporto non cartaceo è un vantaggio: gli ebook pesano di meno, si consultano più in fretta, tra il pensare di leggere un libro e leggerlo possono passare pochi minuti, a qualunque ora e in qualunque luogo. Ma c’è un altro senso in cui il libro cartaceo è più resistente, ti permette delle annotazioni rapide e a mano, ti dice con chiarezza a che punto sei nella lettura, trasmette fisicamente l’idea di opera come insieme più o meno organico, e soprattutto è un oggetto, che può essere prestato (cosa che non avviene nell’ebook) o costituire una proprietà duratura e trasmissibile.
Se Monaldo Leopardi si fosse comprato soltanto ebook, è dubbio che suo figlio Giacomo avrebbe potuto buttarsi nei suoi studi matti e disperatissimi. Forse sarebbe stato meglio per lui, ma sicuramente sarebbe stato peggio per noi. Di fronte a innovazioni tecnologiche bisogna dunque evitare due reazioni peraltro naturalissime. La prima è la demonizzazione che consiste nel dire che il nuovo che si fa avanti è necessariamente un male, o almeno una corruzione della natura, che coincide, guarda caso, con lo stato della tecnologia che abbiamo conosciuto in giovinezza (Heidegger ha scritto requisitorie contro la scrittura a macchina, semplicemente perché lui scriveva a mano e aveva la fortuna di un fratello disposto a fargli da dattilografo).
La seconda reazione è ovviamente quella diametralmente opposta, e consiste nel pensare che il nuovo cancellerà completamente il vecchio. Se puoi avere dei libri nel telefonino, perché riempirtene la casa? (Qualche anno fa ci furono architetti che progettarono case senza librerie in base a questa convinzione).
Sta di fatto che non succede così. La televisione non ha fatto scomparire i giornali, e in quella che mezzo secolo fa si presentava come l’epoca della fine della scrittura non si è mai letto e scritto così tanto. E, ripeto, né la carta né il libro cartaceo sono scomparse. A scomparire, semmai, sono stati oggetti che si consideravano parte imprescindibile del panorama, come i telefoni pubblici o le copisterie. Azzardo una profezia: verrà il giorno in cui i distributori di benzina appariranno alle generazioni future un oggetto bizzarro e inesplicabile, ma possiamo essere sicuri che in quel giorno ci saranno ancora i libri di carta.