venerdì 29 gennaio 2016

Repubblica 29.1.16
Il mini rimpasto è un passaggio scontato. Serve altro al governo
Dai trasformisti ai volenterosi una maggioranza molto variabile
In attesa della piazza cattolica le unioni civili diventano una priorità per Renzi
A Palazzo Chigi serve ritrovare smalto dopo settimane poco brillanti
di Stefano Folli

IL piccolo rimpasto di governo, volto ad accontentare la variegata area centrista, non é in sé una notizia rilevante: era un passaggio abbastanza scontato. Ma é avvenuto adesso, giusto alla vigilia della manifestazione cattolica per la famiglia alla quale i popolari di Alfano riservano un’attenzione sobria, per non dire minimalista. Hanno promesso un referendum abrogativo del ddl Cirinnà - il che equivale ad accettare la nuova legge sulle unioni civili, pur non votandola - e vogliono evitare qualsiasi ripercussione sulla stabilità del governo. Rinviano la battaglia abrogazionista a un futuro abbastanza lontano, quando la nuova normativa sarà stata probabilmente assimilata dalla coscienza del paese.
Del resto, chi ha l’età per ricordare il referendum sul divorzio del ‘74, sa qual è il plausibile esito di una campagna etico-religiosa destinata a dividere le coscienze degli italiani. Con una differenza. Quarantadue anni fa Amintore Fanfani, in un’Italia molto diversa, pensò seriamente di vincere. Oggi Alfano, titolare di un partito che nei sondaggi è poco oltre il 3 per cento, sarebbe anche contento di perdere, se questo volesse dire intestarsi la percentuale dei “no”, ossia una fetta comunque cospicua di elettorato. In ogni caso, la modesta ridistribuzione dei posti nell’esecutivo Renzi contribuisce a garantire un certo assetto di maggioranza. Non è un punto secondario, dal momento che l’alleanza Pd-centristi è oggi tutt’altro che granitica. Lo si è visto nel voto di sfiducia al Senato sulla questione Banca Etruria e prima ancora - almeno in parte - nella votazione sulla riforma costituzionale, per la quale serviva il 50 per cento più uno dell’aula. Si è parlato giustamente di una nuova stagione, in cui la maggioranza sarà variabile, cioè a pelle di leopardo. Come dire che negli snodi importanti si farà ricorso al trasformismo, da un lato, secondo una notevole tradizione italiana. E dall’altro lato si cercheranno convergenze in Parlamento su singoli temi.
Denis Verdini, il cui peso è cresciuto in misura evidente, testimonia del primo caso: la vocazione trasformista. Il suo gruppo Ala è già una stampella del governo, nel quadro di un mini-patto che non prevede l’ingresso formale in maggioranza, ma di fatto fa dell’ex braccio destro di Berlusconi l’uomo forte - e in termini politici il più astuto del fronte renziano allargato. Invece dai Cinque Stelle, oltre che da esponenti dissidenti di Forza Italia, dovrebbe venire l’apporto essenziale sulle unioni civili. Due mondi diversi e per certi aspetti opposti su cui Renzi conta in quest’ultimo scorcio della legislatura. Uno scorcio in cui si deciderà il bilancio con i quale il premier si presenterà di fronte all’elettorato. Gli ultimi giorni non sono stati favorevoli a Palazzo Chigi, il che rende più che mai urgente un successo nel campo dei diritti civili, ossia la nuova legislazione “europea” sulle unioni. Ormai è a tutti gli effetti una priorità. E siccome non c’è compromesso con il mondo cattolico, è giocoforza attendere la piazza di domani, valutare i numeri e poi procedere in Parlamento con l’appoggio dei “volenterosi”. La questione è diventata centrale per ridare smalto all’immagine riformatrice del renzismo. Il resto infatti non è brillante.
SU Banca Etruria il premier non è riuscito a essere del tutto convincente e si avverte la sensazione che la pentola potrebbe prima o poi traboccare. Quanto alla cosiddetta “bad bank”, i mercati hanno dato un giudizio poco positivo dell’intesa raggiunta in Europa. E sullo sfondo si guarda con qualche inquietudine all’incontro di oggi a Berlino fra Renzi e Angela Merkel. Tutti sono convinti che non sarà di “routine”. Da ultimo, il progetto di affidare a Marco Carrai, cioè non a un funzionario dello Stato, un ruolo-chiave nella sicurezza elettronica è stato rinviato a data da destinarsi. Sembra che soprattutto il Quirinale abbia suggerito il ripensamento. Un altro esempio di come Mattarella interviene all’occorrenza con una parola, un gesto.