venerdì 29 gennaio 2016

Repubblica 29.1.16
Distinguere tra decoro politico e giudiziario
di Liana Milella

DUE ANNI fa, quando fu costretto al passo indietro, Gentile se ne andò pronunciando una frase che già allora suonò imbarazzante: «Continuerò a fare politica aspettando che la magistratura smentisca definitivamente le illazioni». Dalle toghe l’allora sottosegretario in procinto di dimettersi cercava di ottenere quella verginità che il suo gesto prepotente aveva cancellato per sempre. Ma adesso non è in discussione l’esito del processo in cui era stato coinvolto il figlio. Ma resta una questione di opportunità. E il solo sospetto di indebite pressioni per tenere nascosta una notizia, rappresenta appunto un elemento di inopportunità. Non aveva capito allora, e continua a non capire oggi, che un conto è il decoro politico, altro il decoro giudiziario. Non bisogna necessariamente essere condannati in via definitiva per rendersi conto di essere divenuti ormai incompatibili con un incarico pubblico di prestigio.
Ma è davvero possibile che il premier Renzi, dopo le precedenti e astiose polemiche per via dei suoi sottosegretari indagati (Barracciu, Bubbico, Del Basso De Caro, De Filippo, Castiglione), costretti al ritiro o archiviati dalla magistratura, si butti di nuovo in quest’altra avventura? E Alfano? Dopo Lupi, dopo Castiglione, che vantaggi può trarre da un nuovo caso Gentile?
Raccontano che i senatori di Ncd abbiano fatto fuoco e fiamme per ottenere un posto nel governo. La scelta è caduta su un potente ras calabrese. Possibile che non ci fosse nessun altro? La politica spesso critica la magistratura per i suoi interventi o li ritiene eccessivi, ma si dimostra incapace di un vaglio autonomo. I confini entro cui può agire chi rappresenta il Paese e chiede i voti, sono più stretti rispetto a quelli di ogni altro cittadino. Non è un caso che Renzi abbia avuto parole dure nei confronti dell’ex Guardasigilli Cancellieri per una telefonata di troppo o non ha difeso l’ex ministro Idem dalle accuse di elusione fiscale. Per coerenza avrebbe dovuto dire semplicemente no alle richieste di Alfano per garantire l’onore suo e del suo governo.