venerdì 29 gennaio 2016

Repubblica 29.1.16
Politica e libertà di stampa
Il ras centrista costretto a dimettersi nel 2014
di Annalisa Cuzzocrea

ROMA. A marzo 2014 Tonino Gentile aveva lasciato sapendo di dover aspettare momenti migliori. 72 ore da sottosegretario alle Infrastrutture nel governo Renzi, poi la resa. Il senatore Ncd, amante di gessati e cravatte azzurre, appassionato di calcio e fondatore del Napoli Club in Parlamento, si dimise perché accusato di aver fatto pressioni per non far uscire un giornale in edicola. Sull’Ora della Calabria
c’era un articolo che parlava di un’inchiesta sulle consulenze d’oro nell’Azienda sanitaria provinciale in cui era coinvolto il figlio di Antonio, Andrea (la sua posizione è stata ora archiviata dalla procura di Paola). Da un’intercettazione, si scoprì che lo stampatore dell’Ora, Umberto De Rose, aveva fatto pressioni sull’editore, Alfredo Citrigno, per convincerlo a ritirare il pezzo. Una telefonata che ancora si può ascoltare su Youtube e che culmina con una domanda: «Vale la pena di farti un nemico che poi è ferito come un cinghiale a morte? Un cinghiale quando è ferito colpisce per ammazzare». Il processo per violenza privata a De Rose non parte per continui difetti di notifica, Gentile non è mai stato indagato, ma misteriosamente - quella notte - le rotative dell’Ora si ruppero e il giornale non andò in edicola. Ne seguì un movimento di opinione che costrinse Gentile al passo indietro. È passato del tempo e la famiglia Gentile di Cosenza, con il suo pacchetto di 20mila voti messi a disposizione dell’Ncd di Angelino Alfano, con i suoi interessi che vanno dalle Asl alle infrastrutture, i parenti tutti sistemati e le ville in collina con piscine a ostrica, torna a sedersi a tavola nel rimpasto di governo. Il fratello di Antonio, Pino, già consigliere comunale, sindaco, assessore regionale e ora vicepresidente di minoranza della regione Calabria, ha coinvolto tutta la famiglia in una proficua girandola: prima craxiani, poi berlusconiani, in mezzo anche repubblicani, lasciano il Cavaliere - per il quale Antonio aveva chiesto il Nobel per la pace nel 2002 - per buttarsi tra le braccia di Angelino Alfano. Che pare avesse promesso un posto di governo. Che ieri è arrivato.