Repubblica 26.1.16
La dottrina e il senso comune
risponde Corrado Augias
CARO
AUGIAS, il Papa dice che non bisogna confondere il matrimonio voluto da
Dio con altri tipi di unione. Una dichiarazione ovvia, ma deve essere
chiara la tutela della pari dignità dell’affettività espressa in
entrambe le relazioni. In questa tormentata vicenda delle unioni civili
la posta in palio è l’uguaglianza affettiva, da sempre osteggiata dal
Vaticano. È necessaria una legge che tuteli chi vuole un rapporto
stabile con un’altra persona, e che abbia effetti giuridici nei
confronti dell’intera comunità nazionale. Ed è compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza
dei cittadini (art. 3 Costituzione). In questo percorso civile verso la
“omodignità”, il Papa parla alle coscienze e per quanto mi riguarda — da
credente — dissento dall’invito a non concedere uguaglianza alle coppie
omosessuali. Cristo era laico, perché superava i divieti religiosi nel
nome della suprema dignità degli uomini. I poveri, le prostitute, i
lebbrosi e tutti gli intoccabili per decreto religioso erano i suoi
compagni e commensali. Preferisco Cristo al Vaticano. La dignità di
tutti, a quella di alcuni. Il Papa faccia il Papa. Il Parlamento
italiano faccia il Parlamento italiano.
Massimo Marnetto — massimo.marnetto@gmail.com
LA
DICHIARAZIONE del Papa contro le unioni civili di fronte al tribunale
rotale, espressa con discrezione ma in un delicatissimo momento di
scontro, conferma altri precedenti segnali. Francesco ha piena libertà
in campo sociale; ne ha assai meno in campo dottrinale dove – infatti -
non ha introdotto innovazioni che non siano quelle di una visione meno
cupa della religiosità cristiana. Siamo lontani dalle prime audaci
manifestazioni («chi sono io per giudicare?») che tanta ostilità hanno
suscitato nella curia. Mi ha scritto il signor Roberto Bertuzzi
(bertuzzi. roberto@hotmail. com): «I bambini vogliono amore, vogliono
sentirsi al sicuro. Sono cresciuto in orfanotrofio, ero definito tanto
tempo fa, figlio di N.N. e in alcuni collegi ero identificato da un
numero. Non Roberto Bertuzzi ma il numero 294. A codesti cattolici,
chiedo di avere più rispetto per i sentimenti degli altri. Non possono
decidere loro cosa è giusto e cosa non lo è - ho avuto nei collegi
cattolici esperienze sulle quali è meglio sorvolare». A proposito del
cd. utero in affitto mi ha scritto la signora Loredana Ferencich
(ugo.loredana@libero.it): «Ritengo che possa essere un gesto di
solidarietà umana, e di profonda generosità, offrire il proprio corpo
per consentire la nascita di un bambino, quindi la gioia di essere
genitore a chi lo desidera e non può fare diversamente. Nel pieno ed
esclusivo interesse del nascituro e della sua futura famiglia, chi ha
diritto di impedirmi di fare liberamente questa scelta?». Appena si
scende dalle astratte questioni di principio alla vita delle persone, si
vede di che cosa sia fatta in concreto la materia in discussione: gioie
e sofferenze, delusioni e speranze. Con quale legittimità un gruppo di
anziani signori celibi che alla famiglia hanno volutamente rinunciato
vorrebbe impedire agli altri di averne invece una? È qui il vero
problema di coscienza.