Repubblica 25.1.16
I Filosofi e scienziati si dividono
Intellettuali di tutto il mondo non mangiate più gli animali
Il neuroscienziato Harris apre il dibattito Dawkins equipara allevamenti e schiavitù
Si possono difendere i diritti umani tralasciando quelli degli altri esseri?
di Marino Niola
Intellettuali
progressisti, convertitevi al veganesimo! Non potete più perseverare
nella vostra etica double face. Rigorosa in materia di libertà civili e
di diritti umani, ma indifferente verso gli animali e le loro
sofferenze. A lanciare l’appello è stato il medico e psichiatra
australiano Steve Stankevicius. Che sul magazine online “Salon”,
avamposto del giornalismo d’autore, ha richiamato alle loro
responsabilità i maggiori opinion leader del mondo anglosassone. In
particolare gli esponenti del cosiddetto New Atheism, come il
neuroscienziato Sam Harris e il biologo Richard Dawkins che, insieme al
compianto Christopher Hitchens, rappresentano lo zoccolo duro, anzi
durissimo, dell’intellighenzia laica americana. In realtà ad offrire il
destro agli argomenti di Stankevicius è stato
proprio Sam Harris
che ha compiuto un pubblico atto di resipiscenza nel corso di un
episodio del podcast Waking Up. Conversando lo psicologo morale Paul
Bloom su argomenti come la tortura, la caccia e altre crudeltà, si è
autoaccusato di ipocrisia per il fatto di essere carnivoro.
Il
che, per un sostenitore intransigente della necessità di una nuova etica
pubblica improntata al rispetto e alla convivenza, è quanto meno
contraddittorio. Harris lo ha ammesso senza mezzi termini aggiungendo
che interrogarsi sulle conseguenze morali del proprio stile di vita è un
compito cui un cittadino responsabile non può sottrarsi. Soprattutto in
un mondo interconnesso come il nostro, in cui ogni scelta individuale
ha delle ricadute sulla società e sull’ambiente. La confessione, si sa, è
l’inizio della redenzione. E così è stato per Harris, che dopo l’outing
ha annunciato di voler rinunciare ai piaceri della carne. Una svolta
vegana dettata da ragioni etiche più che dietetiche. E un altro
irriducibile liberal, come il biologo Richard Dawkins, si è spinto
ancora più lontano. Paragonando la portata morale della lotta contro gli
allevamenti intensivi a quella che due secoli or sono ebbe la battaglia
contro lo schiavismo.
Forse è questo il nuovo compito del
pensiero critico. Bilanciare il giusto peso dei diritti umani con quello
altrettanto giusto dei diritti animali. Un passo decisivo verso l’idea
di cittadinanza non-umana, che per il momento sembra una fantasia
rousseauiana. Ma che in realtà lega le spinte morali e politiche che
stanno dietro il vegetarianesimo contemporaneo ad alcune delle grandi
correnti del pensiero e della spiritualità occidentali. Da Platone, che
vedeva nel consumo eccessivo di carne la causa di guerre per
l’accaparramento di terre da pascolo, una forma anticipata di land
grabbing.
A Pitagora, che non ammetteva soluzione di continuità
tra uomini e bestie e considerava il consumo di bistecche alla stregua
del cannibalismo. Perché in entrambi i casi si mangia carne della
propria carne. Fino a Plutarco, giustamente convinto che la pietà per i
fratelli animali educa gli uomini alla pietà per i fratelli umani.
Ma
anche il Cristianesimo delle origini faceva dell’opzione vegetariana
una sorta di obiezione di coscienza alimentare. I Padri della Chiesa
ipotizzavano un Eden veggie, arrivando a ristilizzare il racconto della
vita e delle abitudini di Gesù per farne un modello di penitenza e di
rinuncia ai piaceri della carne. È il caso degli Ebioniti – dall’ebraico
ebyonim, “poveri” – che reinterpretavano il passo del Vangelo di Luca
(22, 15) in cui Cristo dice «ho desiderato mangiare con voi questa
Pasqua», facendolo diventare «Non ho desiderato mangiar carne con voi in
questa Pasqua». E Taziano, teologo siriano del II secolo e appartenente
alla setta gnostica degli Encratiti – cioè i Continenti – nel suo
Diatessaron, una fusion neotestamentaria ottenuta mescolando i quattro
Vangeli, faceva mangiare a Giovanni Battista solo latte e miele,
censurando le proverbiali locuste. Una forzatura a fin di bene. Come
quella dei Priscillianisti, un movimento molto radical fondato da
Priscilliano di Avila nella Spagna del IV secolo, che attribuivano la
creazione di ogni specie di carne non al Dio buono, ma agli angeli
ribelli. E in fondo c’è qualcosa di priscilliano nei cosiddetti
vegansexuals, che in nome del crueltyfree sex (sesso non violento)
rifiutano partner carnivori. «Non posso pensare di baciare delle labbra
che hanno toccato animali fatti a pezzi», ha detto una donna di
Auckland, intervistata nel corso di una ricerca dell’Università di
Canterbury e del New Zealand Centre for Human-Animal Studies, che ha
analizzato un campione di vegani e vegetariani.
C’è insomma un
filo millenario che va dai Pitagorici agli Gnostici, dai Catari fino ai
guru neoebionisti del veganismo contemporaneo. Passando per Rousseau,
Tolstoj e Gandhi. A dire il vero il liberatore dell’India non è sempre
stato vegetariano. Da ragazzo era onnivoro, ma decise di darsi anima e
corpo al credo erbivoro dopo aver letto The Ethics of Diet di Howard
Williams, un manifesto del vegetarianesimo inteso come religione laica,
ispirata al motto “Umanità, giustizia, compassione”. Una vera e propria
dichiarazione dei diritti del vivente, contro l’antropocentrismo che fa
dell’uomo il signore e padrone, nonché macellaio, del creato. Il libro
di Williams aveva folgorato anche Tolstoj che nel 1892, a nove anni
dall’uscita della prima edizione, volle tradurlo in russo. Aggiungendovi
un’appassionata e visionaria introduzione. In cui sosteneva che non ci
si può dire compiutamente umani se non si è capaci di un’autoanalisi
etica delle proprie scelte, comprese quelle alimentari.
Una sorta di conosci te stesso finalizzato a quello che l’autore di
Guerra
e pace definisce “progresso morale dell’umanità”. Decise di intitolarla
Il primo passo. Ed è proprio a compiere quel passo che oggi
Stankevicius invita tutti gli uomini di buona volontà. Per progettare
l’umanità del futuro.
The Ethics of Diet di Howard Williams,
pubblicato nel 1883, è la bibbia del pensiero vegetariano. La sua
lettura “ convertì” alla causa Tolstoj e Gandhi