domenica 24 gennaio 2016

Repubblica 24.1.16
Fernando Savater.
“Per cambiare la Spagna Iglesias torni alle origini basta populismo in jeans”
Il filosofo: “Podemos è come una serie tv della politica: teatrale e mediatica. Si impone perché gli altri partiti non hanno personalità”
intervista di Alessandro Oppes

MADRID. «È il populismo in jeans. Vestono in modo diverso, alternativo. Ma non basta certo il look per fare una nuova politica». È perplesso il filosofo Fernando Savater, nonostante sia noto il suo spirito anticonformista, di fronte alla rottura degli schemi nella Spagna targata Podemos.
Sorpreso dal vedere Pablo Iglesias presentarsi in maniche di camicia, jeans e scarpe da tennis all’appuntamento con il re per la formazione del nuovo governo?
«Sì, anche se ormai siamo abituati al personaggio. La cosa logica sarebbe presentarsi in modo diverso a seconda della situazione. Un tempo solo i “señoritos”, i ricchi e aristocratici imponevano il loro modo di essere agli altri. La gente semplice, un agricoltore o un artigiano, in occasioni importanti, indossano giacca e cravatta. Perché sono gente normale».
Però da parte di Iglesias è un atteggiamento ben studiato, una precisa scelta strategica.
«Chiaro, perché sa che non gli diranno niente. Il re è una persona tollerante, e sopporta anche queste cose».
Può avere qualche senso l’equazione giacca-cravatta con il binomio vecchia politica e corruzione?
«Non credo. I costumi sociali non hanno smesso di esistere all’improvviso. Gli impiegati, le persone che lavorano in banca, i cattedratici dell’università, vanno vestiti nel modo che corrisponde alla loro funzione. Mostrare una idiosincrasia diversa dagli altri è un caso di asocialità».
Cinque anni fa, lei giudicò in modo positivo la nascita del “15M”, il movimento degli “indignados”. Il risultato, oggi, è quello che si aspettava?
«Confermo quell’impressione. Quel movimento era molto più di ciò che poi è emerso con la nascita di Podemos. Erano giovani che si riunivano e parlavano di problemi seri, di politica. Ora sembra che nel “15M” ci fossero solo rivoluzionari di sinistra. E non è così».
E però sono quelli che ora occupano il centro della scena.
«Certo, perché sono mediatici, gestiscono molto bene il mezzo televisivo e sono capaci di spettacolarizzare tutto».
Qual è la responsabilità della tv nel successo di Podemos?
«È enorme. Loro sono stati capaci di inventarsi un protagonismo che non avevano grazie al grandissimo spazio che gli è stato concesso da alcuni canali televisivi».
Iglesias proporre al Psoe un negoziato “trasparente” per la formazione di un governo. Cioè una trattativa trasmessa in diretta e in streaming.
«Per Iglesias trasparente vuol dire teatrale. Tutto deve andare in tv, perché quello è il mondo in cui lui si sente sicuro: il luogo dello spettacolo, della demagogia e delle frasi fatte».
La presenza di Podemos al centro della scena sta provocando un cambio d’immagine anche all’interno di altri partiti?
«Le serie tv impongono nuove mode. Podemos è una specie di serie televisiva nel campo della politica. E allora riesce a imporre il suo aspetto fisico, la rottura con gli usi tradizionali. E negli altri partiti, chi non ha una forte personalità ci casca». anni, filosofo e scrittore. A destra, Felipe VI con il leader di Podemos Pablo Iglesias