domenica 24 gennaio 2016

Repubblica 24.1.16
I soldati non bastano solo l’Europa unita può vincere la sfida
di Giuseppe Cucchi
Il generale Cucchi è stato direttore del Centro militare di studi strategici e del Dipartimento informazioni per la sicurezza

L’ANALISI. I RISCHI DELLA FUTURA MISSIONE A GUIDA ITALIANA
La Libia è di nuovo nel caos, frazionata in cantoni presidiati da milizie e terreno di scontro di due partiti. Solo di recente l’alternativa di governo unitario di proposta Onu è stata finalmente accettata. Una “coalition of the willings”, una coalizione di volenterosi per usare l’espressione diventata famosa ai tempi di George W. Bush, operante questa volta sulla base di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, dovrebbe adesso sostenere il governo ad affermare la sua autorità, fornendogli supporto aeronavale e operando a terra con un contingente di truppe destinate a svolgere compiti di peacekeeping.
L’Italia, in nome del passato lontano e della presenza nella regione libica all’epoca del Colonnello Gheddafi, si propone come guida della coalizione, a cui però non contribuirebbero in maniera significativa le tre maggiori potenze militari: Stati Uniti, Russia e Cina. Restano, per formare il nucleo della forza Onu, i paesi europei.
Negli anni ‘90, l’Europa era in grado di schierare a terra un massimo di 60mila militari ma da allora il degrado della Difesa è stato continuo. Nella difficoltà di incidere su Marine ed Aeronautiche, difese dalle industrie, i tagli si sono concentrati sugli Eserciti, che ora potrebbero schierare non più di 30mila uomini. E visti gli altri impegni dei nostri paesi, una forza di 8-10mila europei da destinare alla Libia appare ipotesi ragionevole.
Si comprende, in questa ottica, come l’Italia - che pure apparirebbe destinata alla guida della operazione continui a parlare della disponibilità a fornire soltanto mille uomini, un numero che per molti altri versi potrebbe apparire inadeguato.
Quanto agli altri scarponi da schierare sul terreno, buona parte dovrebbe essere fornita dai paesi islamici moderati, la cui presenza ridurrebbe il rischio che gli ambienti estremisti possano parlare di “crociata cristiana e occidentale”: Turchia, Giordania, Egitto e paesi magrebini.
Dalla prima Guerra del Golfo in poi hanno operato con noi in molteplici occasioni e sono in grado di inserirsi in uno schieramento a ossatura europea e procedure Nato. Peccato che molti dei paesi citati abbiano sostenuto sino a ieri gli schieramenti opposti in Libia. Il rischio che qualcuno approfitti dell’operazione per continuare a rafforzare la propria linea politica rimarrebbe elevato. Altamente qualificato ed equipaggiato sarebbe il contributo di paesi come Australia, Nuova Zelanda, Canada, oltre a stati dell’Asia e dell’America latina. Qualche problema potrebbe sorgere con i soldati di alcuni paesi africani, che non sempre hanno apparati di comando, di intelligence e logistici rispondenti ai canoni europei. Per non parlare, a fianco dei problemi “tecnici”, di quelli cosiddetti culturali: legati cioè alla difficoltà di far lavorare insieme personale con background così diversi.