La Stampa 24.1.16
Libia
Diplomatici e militari italiani preparano il piano di riserva
Uomini dell’intelligence incontrano in Cirenaica il generale Haftar
Ecco gli scenari per l’intervento se salta il governo di pacificazione
di Guido Ruotolo
La
giornata decisiva per il futuro della Libia sarà venerdì 29 quando il
Parlamento dovrà esprimersi sulla fiducia al governo presentato dal
premier designato Fayez Al Sarraj. Strada piena di ostacoli. La fiducia è
tutta da conquistare nei prossimi 5 giorni. Ma è essenziale affinché la
coalizione occidentale abbia il via libera formale per un intervento
anti-Isis sulle coste del Nord Africa.
Garante degli egiziani
È
in questo contesto frammentato e precario che si muovono diplomazie e
apparati di intelligence. L’Italia preme sempre più: lo fa anzitutto
schierando nella base di Birgi, Trapani, quattro aerei Amx pronti a
pattugliare il Mediterraneo. E lo fa soprattutto portando l’intelligence
in terra libica. Giovedì scorso unità italiane sono atterrate a Beida, e
in Cirenaica hanno incontrato il generale Khalifa Haftar, una delle
pedine più importanti per risolvere il caos libico. È stato lo stesso
generale a far trapelare - evidentemente con il consenso alleato - la
notizia dell’incontro tramite Twitter. Rifugiato negli Stati Uniti dopo
la guerra in Ciad, Haftar oggi è ritenuto un garante degli egiziani. Per
l’Onu è un comandante militare al pari dei capi delle altre milizie;
per una fetta di libici della Cirenaica è il capo supremo delle forze
armate libiche. Ed è inviso agli islamisti di Tripoli. La sua posizione
però a Tobruk è meno solida di un tempo. Anzitutto si è consumata la
rottura con Aguila Saleh, il presidente del Parlamento, fortemente
ostile all’accordo sul governo di Al Sarraj, che ha avviato un’inchiesta
per corruzione su Haftar. Domani i 230 deputati del Parlamento si
raduneranno a Tobruk. Non ci sarà alcuna votazione. Gran parte dei
parlamentari hanno già fatto sapere che non voteranno il governo ma
proporranno modifiche importanti sui numeri (sono ben 32 i ministri
indicati da Sarraj e tra questi 13 sono islamisti) e sulla stessa
composizione del governo (pietra dello scandalo ministri ex autisti,
segretari o funzionari di ministero). Saleh, dopo la rottura con Haftar,
spinge per far saltare il banco. E appena due giorni fa aveva
ipotizzato la formazione di un governo provvisorio. Un clima di
confusione che obbliga americani - presenti con unità d’intelligence e
reparti speciali nella zona di Bengasi oltre che a Tobruk e Misurata -
francesi, inglesi e italiani a considerare - in caso di mancata
approvazione di un governo di pacificazione – un piano B. Ci sta
lavorando, dietro le quinte, l’inviato dell’Onu Kobler. Prevede la
formazione di un comitato di conciliazione che possa in qualche modo
fare da ponte fra le fazioni e da garante a un eventuale intervento
anti-Isis.
I piani militari in queste ore entrano più nei
dettagli. È Sirte il problema da risolvere subito. La città di Gheddafi,
occupata dalle milizie jihadiste sostenute anche dagli ex gheddafiani,
deve essere liberata al più presto. I piani militari alleati prevedono
un intervento di terra delle milizie libiche e un sostegno tattico aereo
dei Paesi della coalizione.
Sono le milizie di Misurata, di
Zintan e di Tripoli a dover intervenire. Le stesse che il generale
italiano Paolo Serra, consigliere militare del segretario dell’Onu Ban
Ki-moon, vuole impiegare per creare la cornice di sicurezza nella
capitale.
Si tratta di un progetto che prevede l’uso delle
milizie, della polizia e dei militari. Quasi duemila uomini che dovranno
garantire la sicurezza in una fascia esterna della capitale, che
presidieranno le infrastrutture (dagli aeroporti al porto) alle sedi
diplomatiche e istituzionali.
«Assistenza tattica»
Nel
progetto Serra, non sono previste forze di supporto straniere. C’è
invece un capitolo dedicato alla «Missione assistenza tattica» che
prevede l’utilizzo di istruttori per addestrare e ricostruire gli
apparati di sicurezza libici. E per garantire un sostegno tattico alle
attività di contrasto. Solo dopo aver liberato Sirte dall’occupazione
dell’Isis, si affronteranno gli altri problemi. Da Bengasi a Derna, da
Tripoli a Sabratha si dovranno neutralizzare i gruppi jihadisti
dell’Isis ma anche di altre organizzazioni terroristiche, come Ansar Al
Sharia o il Gruppo combattente libico.
In attesa si guarda a
Tobruk nella speranza che il governo Sarraj, magari rimaneggiato,
ottenga la maggioranza dei due terzi del Parlamento. Se così non fosse,
davvero sarà molto complicato evitare un intervento militare alleato.
Anche la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
prevede un intervento se dovessero venire meno le condizioni di
sicurezza.