domenica 24 gennaio 2016

Repubblica 24.1.16
Che avventura la scoperta degli elementi
di Piergiorgio Odifreddi

Duecentocinquanta anni fa, il primo gennaio 1766, Henry Cavendish pubblicò un resoconto dei suoi esperimenti su quella che lui all’epoca chiamava “aria artificiale”, e che noi oggi conosciamo come idrogeno. Un nome che significa “generatore d’acqua” e deriva dalla proprietà, scoperta appunto da Cavendish, di produrre acqua quando brucia.
Gli antichi consideravano elementi l’acqua, l’aria, la terra e il fuoco, che non lo erano affatto. Ma l’idrogeno non fu il primo vero elemento scoperto: da molto tempo erano stati isolati l’oro, il rame, il piombo, lo stagno, il ferro, l’argento e il mercurio, anche se non erano stati riconosciuti come tali.
Si dovette aspettare la chimica, per passare dalle fantasie dei filosofi antichi alle conoscenze degli scienziati moderni. E solo nel 1869 il russo Mendeleev riuscì a classificare gli elementi via via scoperti, suddividendoli in 7 righe in base al numero di gusci di elettroni attorno al nucleo, e in 32 colonne in base al numero di elettroni nel guscio più esterno.
La tavola così costruita consiste di 118 caselle, la prima delle quali è appunto occupata dall’idrogeno, con un solo guscio e un solo elettrone. Molte caselle, ancora vuote ai tempi di Mendeleev, sono state riempite man mano: le ultime quattro, che completano appunto l’opera, soltanto questo mese, con la scoperta degli ultimi quattro elementi mancanti (il 113, 115, 117 e 118).