sabato 23 gennaio 2016

Repubblica 23.1.16
“È Sel che cerca la rottura non il Pd”
Renzi alla direzione: “Siamo la colonna della sinistra europea”. Ma Cuperlo passa all’attacco: “Se sei capace di fare il segretario, fallo. La minoranza qui non ha agibilità politica”. Verdini: “Io credo al partito della Nazione”
di Annalisa Cuzzocrea

ROMA. Non vorrebbe parlare di partito della nazione, Matteo Renzi, alla direzione pd. Ma di che fine ha fatto l’ideale europeo, di Sud che riparte, di una legge di stabilità col deficit più basso degli ultimi anni. Il segretario deve però una risposta agli interrogativi con cui Roberto Speranza, Gianni Cuperlo, Guglielmo Epifani e gli altri esponenti della minoranza del suo partito sono entrati ieri al Nazareno: cosa significano quelle vicepresidenze di commissione fatte ottenere al gruppo dei verdiniani? Qual è l’orizzonte del Pd in vista delle prossime comunali? Che senso ha lasciar dire ad Angelino Alfano che dopo il referendum si creeranno due nuovi fronti politici, uno per il cambiamento, l’altro per la conservazione?
Così, Renzi sgombra subito il campo usando più del solito la parola sinistra. Comincia unendosi al saluto di Matteo Orfini al regista Ettore Scola («grande personalità della sinistra italiana con cui sono state fatte tante battaglie importanti»). E continua: «Andiamo al referendum sulle riforme con la forza del Pd. E alla fine di questo percorso il Pd resterà il Pd. L’anima della rivoluzione italiana e contemporaneamente la colonna della sinistra europea». Quanto alla scelta di assumere su di sé l’esito della consultazione, ritirandosi di fronte a un no, chiarisce: «Una sconfitta al referendum non si può affrontare dicendo “ho non-vinto”: questo non è un tentativo di plebiscito, ma etica della responsabilità ». Poi la battuta: «Sarà la prima volta in cui Berlusconi e Magistratura democratica staranno insieme, è meraviglioso, da comprare i popocorn».
A una proposta di Gianni Cuperlo su Roma, Renzi ribatte: «Credo che l’idea di togliere il simbolo del Pd dalle elezioni sia assolutamente da respingere al mittente. Trovo strano non presentare il simbolo: l’ultima volta era il ‘94 o il ‘95, quando la Quercia non fu presentata, e non andò molto bene». Nella capitale, quindi, il Pd deve correre: «Si facciano le primarie, vinca il migliore. Si candidi chi deve e poi faremo una bella campagna elettorale». La data indicativa per le primarie nei comuni è il 6 marzo. Le regole «o si cambiano molto prima o non si cambiano, perché l’idea di farlo alla fine è insopportabile ». Ce l’ha con Sel e Si, con chi a sinistra sta «politicizzando» il voto nei comuni. Lamenta il premier che a Torino «amici e compagni della sinistra fuori da qui» hanno avviato «una campagna nazionale». E invece, a Cagliari, il Pd sostiene Massimo Zedda come negli ultimi cinque anni.
Attacca il fronte cui guarda la minoranza interna, Renzi. E Gianni Cuperlo lo guarda dritto negli occhi mentre chiede: «Sei capace di fare il segretario?». «All’ultimo congresso chiedevo di distinguere segretario e governo - ricorda il leader di Sinistradem - è andata diversamente, ma oggi chiedo a Renzi se è in grado di esercitare il ruolo del segretario: non per le capacità, ma per il limite naturale delle 24 ore». E ancora: «Se lo puoi fare, fallo. Perchè un partito va guidato, strutturato, organizzato, per evitare che si torni al potere dei notabili ». «In questo partito - dice ancora - alle minoranze non è garantita una vera agibilità politica. Avevo proposto un congresso tematico: se la strada non è quella troviamone un’altra ma lasciare le cose come stanno ora è un errore e una rimozione, soprattutto sui territori». Domande cui Matteo Renzi decide di non replicare. Come non risponde a Roberto Speranza, che entrando al Nazareno chiedeva: «C’è bisogno di dare un segnale definitivo sul fatto che Verdini non è il centrosinistra e che anche l’alleanza con Alfano è temporanea». A ribattere da Bersaglio Mobile, su La7, è invece proprio Denis Verdini: «A quelli del Pd che fanno chiasso ricordo che sono 112 al Senato. La maggioranza è 161. Punto». Pur contestando la ricostruzione sulle vicepresidenze in commissione, ammette: «Senza di noi non passavano le riforme, è incontestabile ». E infine: «Io credo al partito della nazione».