Repubblica 23.1.16
Nel nome di Spinelli ritorna il partito europeo
“Niente resa dei conti con la Commissione”
Il presidente emerito critica indirettamente il premier e Juncker: “Confronto senza escandescenze”
L’ex capo dello Stato frena Renzi: giusto negoziare ma attenti ai rischi di una Germania più debole nella Ue
di Stefano Folli
IL
passaggio più chiaro nel discorso con cui Giorgio Napolitano ha
accettato il premio Altiero Spinelli è il richiamo alle responsabilità
dei paesi fondatori contro gli “euro-distruttori”, i nemici irriducibili
dell’Unione: «Nel momento attuale, di così inquietanti spinte
centrifughe, è indispensabile tener fermo innanzitutto il legame storico
tra i paesi fondatori, e specialmente tra i maggiori: Italia, Germania,
Francia».
Non è una sconfessione del Renzi contestatore di
Bruxelles perché il premier non è certo un “euro-distruttore” e del
resto «insoddisfazioni e critiche per il presente stato dell’Unione
europea» sono motivate. Ma il triangolo Berlino-Parigi- Roma è alla
radice del progetto europeo, se ancora si crede in esso: spezzarlo o
anche solo indebolirlo apre la strada a conseguenze molto serie. Il
presidente emerito non lo ha detto in modo esplicito, ma era sottinteso:
indebolire Angela Merkel, approfittando del momento di difficoltà della
Cancelliera, rischia di essere un atto di autolesionismo perché la
Germania che verrà dopo di lei sarà più dura e meno disponibile ad
ascoltare la voce dei paesi del Sud. Gli stereotipi servono a poco, se
non a incoraggiare i nemici dell’Europa. E fra i cliché pericolosi c’è
quello che descrive “una Germania dominante e un’Italia poco
affidabile”.
S’intende che l’intervento di Napolitano non è
piaciuto affatto agli scettici, a coloro che lavorano per l’uscita
dell’Italia dalla moneta unica. E in realtà è stato un invito a non
lasciar cadere l’ideale dell’Europa integrata, l’Europa federale di
Spinelli. Si dirà che tale ideale non è mai stato così maltrattato come
oggi.
Ma è qui - altro sottinteso trasparente - che l’Italia
dovrebbe impegnarsi: dare un senso alla propria insofferenza verso
quello che non funziona nell’Unione vuol dire cercare un livello di
confronto più alto con le altre capitali. In altre parole, abbandonare
la tentazione di un’improbabile “resa dei conti” e ripartire da quel
triangolo, ossia dal filo comune (se esiste ancora) tessuto con tedeschi
e francesi. In particolare con una Germania pienamente europea, secondo
la lezione di Schmidt e Kohl.
QUALCUNO dirà che le parole di
Napolitano coincidono con la discesa in campo del “partito europeo”,
finora abbastanza silente. In parte è vero, ma sono soprattutto ispirate
al buonsenso. Fra spinte nazionaliste (Ungheria ma non solo) e
populismi vari (Lega, Cinque Stelle, Le Pen, Varoufakis, forse Podemos,
eccetera), un leader - leggi Renzi - deve sapere fin dove può spingersi
per non fare il gioco degli avversari. E sa anche che i buoni risultati
si ottengono attraverso duri negoziati condotti in penombra, non certo
attraverso proclami enunciati in favore di telecamera. Napolitano non ha
difeso l’Europa tedesca contro l’Europa post-austerità immaginata dal
governo di Roma. Al contrario, ha sottolineato la giustezza delle
“sollecitazioni critiche” e ha indicato i rischi di ulteriori chiusure,
tali da rimettere in discussione addirittura gli accordi di Schengen
sulla libera circolazione. Tuttavia ha anche lasciato capire che bisogna
fare attenzione a non commettere errori quando si affronta la
complessità del meccanismo che chiamiamo Unione.
LA cornice
europea non può essere sgretolata, pena la certezza di ritrovarsi ai
margini di processi planetari. Sono preoccupazioni pienamente condivise
da Mattarella, in prima fila ad applaudire. Ed è significativo che
Renzi, parlando alla Direzione del Pd, abbia sentito la necessità di
richiamarsi anch’egli all’ideale europeo che l’Italia vuole custodire e
non disperdere.
Sotto questo aspetto, sarebbe opportuno che il
premier si recasse quanto prima all’isola di Ventotene - come egli ha
ventilato - per rinverdire anche sul piano simbolico l’adesione
all’antico sogno di Spinelli. Sarà pur vero - parole renziane - che «i
governi appiattiti sulle politiche della Ue perdono sempre le elezioni
». Ma nessuno finora ha spiegato quale Europa nascerebbe da una serie di
strappi ispirati al nazionalismo.