Repubblica 21.1.16
Strage Taliban all’università della pace più di venti morti, ucciso il prof-eroe
Hamid
Hussain insegnava Chimica ed era il paladino dei ragazzi. Ieri per
metterli in salvo ha affrontato i terroristi a costo della vita,
raccontano i sopravvissuti
“Un martire dell’istruzione” Così Syed “il protettore” è morto da eroe per difendere i suoi allievi
di Anna Lombardi
Lo
chiamavano “The protector”, il protettore. Paladino degli studenti già
prima che la sua vita venisse spezzata dai proiettili dei Taliban,
mentre difendeva i suoi ragazzi durante l’attacco terroristico di ieri
all’università Bacha Khan di Charsadda, in Pakistan.
Perché Syed
Hamid Hussain, professore associato di Chimica, tornato a insegnare in
patria dopo aver studiato all’università di Bristol, in Gran Bretagna,
era sempre lì per loro. D’altronde, a 32 anni era poco più grande dei
suoi studenti. «Ci fidavamo di lui, gli confidavamo i nostri problemi:
conosceva i segreti di tutti e si faceva in quattro per aiutarci. E noi
lo chiamavamo proprio così: “il protettore” ha raccontato alla France
Presse uno dei suoi allievi, il 22enne Waqar Ali. «Era un uomo gentile,
rispettato, brillante e sincero; la persona più paziente che abbia mai
incontrato», lo descrive su Facebook Masaud Shah, ex studente. Mentre ai
giornali locali, come il pachistano Dawn, i colleghi dell’università
raccontano che era sposato da poco e padre di due bimbi piccoli: un
maschio di tre anni e una bimba di un anno. Un eroe per caso, insomma.
Che amava fare jogging e aveva una grande passione per le piante, tanto
da essersi specializzato in fitochimica, argomento delle sue sette
pubblicazioni consultabili sul sito dell’università, l’ultima dedicata
agli elementi antiossidanti del sorbo.
Eppure, quando è iniziato
l’assalto il “professore gentiluomo” non ha esitato ad affrontare,
pistola alla mano, i terroristi che sparavano fuori dal suo
dipartimento, permettendo a molti di mettersi in salvo. «Abbiamo sentito
dei colpi e siamo corsi fuori», ha raccontato Zahoor Ahmed, scampato al
massacro. «Siamo però stati bloccati dal nostro professore di chimica,
che ci ha detto di tornare dentro. Aveva la pistola in mano e ha
cominciato a sparare contro gli assalitori, dandoci il tempo di metterci
in salvo ». Ma la resistenza del professore non è durata a lungo.
«Hanno iniziato a sparare su di lui da ogni lato. E solo quando è caduto
i terroristi sono entrati nell’edificio. Io a quel punto sono scappato
scavalcando un muro» ha raccontato un altro studente, Muhammad Daud. Che
il professor Hussain girasse armato lo sapevano tutti: tra le sue
passioni c’era la caccia e si era procurato una 9 millimetri dopo che,
all’indomani della strage di bambini alla scuola dei figli di militari
di Peshawar nel 2014, la stessa università Bacha Khan aveva invitato gli
insegnanti a portare armi nel campus. Amante del cricket, mostrava con
ironia la pistola agli studenti che lo mettevano in difficoltà sul
campo: «Ricordatevi che sono armato», scherzava.
Coraggio e
generosità non sono bastati. E ora il Pakistan intero, Presidente
Mamnoon Hussain in testa, lo piange come un eroe: anzi «un martire
dell’istruzione», come ha scritto su Twitter l’autorevole giornalista
Raza Ahmad Rumi. Per Bissmah Memhud, anche lei insegnante, Hussain è
invece «un bene perduto, che tanto poteva fare per il Pakistan». Per gli
studenti resta “il protettore”. A loro devoto fino all’ultimo respiro.