Repubblica 20.1.16
Rivoluzione nelle Asl “Un albo per i direttori e chi sbaglia decade”
Oggi la norma in cdm: obbligo di tenere i conti in ordine Lorenzin: sganciamo la scelta dei manager dalla politica
di Michele Bocci
IN
poco più di 200 gestiscono 111 miliardi di euro e organizzano i servizi
sanitari per tutti i cittadini italiani. Una responsabilità enorme
sulle spalle di tecnici legati a doppio filo con la politica regionale,
che infatti quando i colori delle giunte cambiano di solito vanno a
casa. Questa sera in consiglio dei ministri, all’interno del cosiddetto
“pacchetto Madia” arriva una norma che cambia tutto nei meccanismi di
scelta, di nomina e anche di decadenza dei direttori generali delle
aziende sanitarie e ospedaliere, i tecnici più potenti della sanità.
«Uno degli obiettivi è slegare il più possibile la selezione di manager
da fattori politici — spiega il ministro alla Sanità Beatrice Lorenzin,
autrice del provvedimento — Certo, assessori e governatori avranno
sempre l’ultima parola ma noi metteremo in piedi una sistema basato su
trasparenza e merito per farli scegliere. Alzeremo la qualità». Il
ministro spiega come nasce la norma. «In questi anni mi sono resa conto
che, in un Paese dove il livello del personale sanitario è alto, il
malfunzionamento delle strutture è dovuto quasi sempre a problema di
programmazione e gestione. Nel “Patto per la salute” avevamo detto con
le Regioni di affrontare questo tema agendo dove era più semplice, cioè
nella selezione dei direttori generali ma anche sanitari e
amministrativi delle Asl». La norma prevede un elenco unico nazionale,
un po’ come avviene per i magistrati. Oggi le Regioni vanno in ordine
sparso quando si tratta di scegliere i manager. Qualcuna ha una sua
lista di idonei, molte altre no.
Per essere inseriti nell’elenco
nazionale si dovrà superare una selezione per titoli, seguire corsi di
formazione e avere meno di 65 anni. Ogni due anni la lista sarà
aggiornata da una commissione composta da rappresentanti del ministero e
delle Regioni. «Quando deve dare un incarico, il governatore fa un
avviso pubblico e nomina una commissione regionale — spiega sempre
Lorenzin — Si svolge una selezione per titoli e colloquio e viene
proposta una terna di nomi al presidente».
Forse l’aspetto più
interessante del decreto legislativo riguarda la decadenza automatica
dall’incarico. Oggi è rarissimo vedere un direttore rimosso, anche di
fronte a grandi buchi di bilancio o pessimi risultati dal punto di vista
della qualità dell’assistenza, sempre per il forte rapporto con la
politica regionale. E invece da ora in poi si farà una «stringente
verifica e valutazione» sul lavoro svolto, come è scritto nella nuova
norma. In particolare i manager dovranno tenere in ordine i conti,
assicurare il raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza (lea) e
buoni esiti dell’attività. Se gli obiettivi non vengono colti, e se ci
sono gravi motivi di mala gestione o violazioni, scatta automaticamente
la decadenza.
Dovranno essere fatti anche elenchi, questa volta
regionali, di idonei al ruolo di direttore sanitario e amministrativo.
Il licenziamento per questi dirigenti avverrà in caso di «violazioni di
leggi o regolamenti ovvero del principio di buon andamento e
imparzialità». Secondo il ministro Lorenzin, «non è possibile che non
salti mai nessun direttore sanitario negli ospedali dove succedono gravi
disservizi e eventi avversi. La nuova legge prevede in certi casi la
risoluzione del contratto».
Il decreto probabilmente rende ancora
più duro il lavoro di direttore generale. Si tratta di un ruolo che
espone a grandi responsabilità penali, amministrative e a pressioni
politiche ma viene pagato relativamente poco. Manager che gestiscono
bilanci anche da un paio di miliardi guadagnano tra i 120 e i 150mila
euro all’anno. Una cifra ridicola se paragonata ai compensi in realtà
private delle stesse dimensioni. «Con il nuovo meccanismo a regime —
chiude Lorenzin — dobbiamo prevedere un sistema di premialità basato sul
merito per questi dirigenti. È l’unico modo per trovare persone degne, e
formare una classe di manager senza tessere di partito, che possa
resistere anche ai cambi di amministrazione».