Repubblica 19.1.16
Addio al partigiano Ottolenghi autore di “Ribellarsi è giusto”
Antifascista, azionista, fu in contatto con Bobbio, i fratelli Galante Garrone e Galimberti. Aveva da poco compiuto i cento anni
di Jacopo Ricca
TORINO
Ribelle fino all’ultimo. Massimo Ottolenghi, il partigiano Bubi, è
morto ieri dopo un secolo di vita. «Sono fiero di essere un uomo libero,
un ribelle», aveva detto a giugno ai festeggiamenti per i suoi cento
anni. Nato nel 1915, è stato antifascista per origini e vocazione. Suo
padre, docente di diritto internazionale e amico di Luigi Einaudi, fu
espulso dall’Università di Torino e cancellato dall’albo degli avvocati
dopo l’approvazione delle leggi razziali.
Il primo incontro con
l’antifascismo risale alla fine degli anni Venti, quando in famiglia
scoprì che c’erano magistrati e avvocati che si opponevano a Mussolini .
Studente del liceo D’Azeglio di Torino, fucina degli intellettuali
antifascisti, da Foa a Ginzburg e Antonicelli, fu allievo di Augusto
Monti e fece parte della generazione dei «comunisti dalle braie curte»
assieme a Emanuele Artom e Oreste Pajetta, entrò poi in contatto con
Norberto Bobbio, i fratelli Galante Garrone e Duccio Galimberti.
Durante
la Resistenza, Ottolenghi “salì in montagna” nelle valli di Lanzo e
militò nelle file di Giustizia e Libertà. Qui si impegnò nella
realizzazione di una rete di solidarietà che salvò la vita a 200 ebrei,
occupandosi dei contatti tra i comandi militari e le formazioni
partigiane anche a Torino. I valori della Resistenza sono stati la
stella polare della sua attività di magistrato prima, di avvocato e
scrittore poi. Diventò militante del Partito d’Azione con Ada Gobetti e
Giorgio Agosti, e diresse il giornale torinese del partito, dove assunse
il giovane cronista Giorgio Bocca. «Provo tanta amarezza per questo
nostro Paese. Rivedo nelle vicende di oggi tante cose già viste — aveva
raccontato nell’intervista a Repubblica per il suo ultimo compleanno —
Gli uomini non hanno imparato nulla: penso all’odissea dei migranti che
mi ricorda la tragedia delle nave Saint Louis, che nel 1939 vagò, con i
suoi mille profughi ebrei, da un porto all’altro. Tornarono in Germania e
molti di loro morirono nei lager». Nel 2011 Ottolenghi ha scritto
Ribellarsi è giusto (Chiarelettere), con cui lanciava un appello alle
giovani generazioni perché riscoprissero il valore della rivolta.
«Scompare con lui una grande anima del Novecento», ha detto il sindaco
di Torino Piero Fassino. Le esequie saranno celebrate domani mattina e
la salma sarà tumulata nel cimitero ebraico.