martedì 19 gennaio 2016

Repubblica 19.1.16
“Carboni mi disse di aiutare Etruria su richiesta di Boschi”
Gianmario Ferramonti: io e il mio amico Flavio tirati in ballo per far cadere il governo Renzi
intervista di Fabio Tonacci

ROMA. «Stanno cercando di far cadere il governo Renzi per quattro bazzecole, ma è un tentativo maldestro », dice Gianmario Ferramonti. Ossia l’uomo che ha sussurrato all’orecchio di Flavio Carboni il nome di Fabio Arpe come possibile direttore generale di Banca Etruria, sussurro che poi è arrivato a chi era in cerca di suggerimenti: l’ex vicepresidente della Popolare aretina Pier Luigi Boschi, il padre del ministro delle Riforme. «No, il signor Boschi non l’ho mai incontrato, ma mi piacerebbe tanto perché dev’essere una bella persona», aggiunge. Ferramonti è tante cose, che qualcuno sintetizzerebbe con la categoria “faccendiere”: politico ex leghista, talent scout di tecnologie, imprenditore, uomo di relazioni, amico di Licio Gelli, Francesco Pazienza e, appunto, Carboni. Ha 63 anni, è stato arrestato nel 1996 per lo scandalo “Phoney Money” con l’accusa di aver imbastito una presunta mega truffa, da cui è stato del tutto scagionato nel 2005. «Nove anni di indagini in cui non mi hanno trovato nemmeno una multa non pagata».
Ferramonti, chi sta cercando di far cadere Renzi?
«Ma è ovvio...Silvio Berlusconi! Guardi chi sono i giornali che stanno spingendo di più su questa storia degli incontri tra Boschi senior e Carboni. Poi, magari, mi sbaglio, eh...A pensar male si fa peccato però talvolta ci si azzecca, come diceva Andreotti. Stanno cercando di mettere politicamente in difficoltà il ministro Maria Elena Boschi, è evidente. Però stavolta do ragione ad Alfano, che dice che non ci riusciranno e tutto si risolverà in una bolla di sapone».
Qualche potere economico forte può essere interessato in questo momento ad affossare il governo?
«Di solito i poteri forti lavorano meglio quando la situazione è stabile e non in crisi. Ripeto: non c’è niente di illegale a incontrare Carboni».
Ammetterà però che non è una mossa opportuna per il padre di un ministro, con una poltrona che conta nell’Etruria, rivolgersi a Carboni per avere consigli sulle nomine. No?
«E perché? Con Flavio sono amico da trent’anni, è una persona stimabilissima ».
Insomma, la sua storia racconta qualcos’altro. Vuole che le elenchi i fatti di cui è stato accusato?
«L’hanno coinvolto in qualsiasi scandalo accaduto nella Prima Repubblica, ma è uno pulito. Negli ultimi due anni abbiamo ripreso a frequentarci, e un po’ di tempo fa a Roma mi chiese un favore».
Cosa, esattamente?
«Di indicargli un nome che potesse ricoprire il ruolo di direttore generale di Etruria, perché serviva a Pier Luigi Boschi».
Conosce Valeriano Mureddu, che ha fatto da tramite tra Boschi e Carboni nei due incontri che hanno avuto?
«Mai visto né sentito. Dev’essere un tipo intraprendente».
In quell’occasione, a lei le viene in mente di suggerire il nome di Fabio Arpe. Perché?
«Arpe lo conosco da anni, anche se ora leggo nelle sue interviste che finge di non conoscermi. Mi è venuto in mente lui perché lo reputo uno dei pochi con l’esperienza per ricoprire cariche di alto livello nel mondo bancario. E in quel momento, eravamo nel giugno-luglio del 2014, mi risultava non avere altri incarichi».
Ha portato Arpe da Carboni?
«Sì, una volta a Roma nel suo studio di via Ludovisi. Hanno parlato, lui gli ha chiesto se fosse interessato, e lo era. Ma poi non ho sentito cos’altro si sono detti, non mi interessava. Io metto in contatto le persone, come vanno a finire le cose non è affar mio. Poi so che Fabio Arpe si è incontrato con Pierluigi Boschi e qualcun altro della dirigenza dell’Etruria».
Alla fine però Arpe non è stato scelto come direttore generale. Perché? Si è messa in mezzo la Banca d’Italia?
«Questo non lo so».
È vero che lei ha suggerito a Carboni anche il nome di Gaetano Sannolo?
«No, è una notizia falsa. Gli ho parlato solo di Arpe».
Lei fa parte della massoneria?
«No, mai stato».
C’è la massoneria dietro questa storia?
«Quale massoneria? Ce ne sono trenta in Italia. Comunque, secondo me, no».
Lei cosa fa adesso?
«Sono un imprenditore e mi occupo di logistica e trasporti, ma lavoro all’estero perché in Italia per tenere un’azienda bisogna essere dei santi o degli eroi».
E si occupa ancora di politica?
«Certo, sono il segretario nazionale del Partito delle imprese. Prima ero della Lega. Oggi sto al centro, come la Democrazia cristiana. Ma più tendente a destra».
Ha riparlato con Carboni in questi giorni?
«Sì, e ci facciamo delle gran risate perché ci rendiamo bene conto della pochezza di tutto questo».