Repubblica 18.1.16
La rivelazione.
Così la sinistra greca tentò il blitz alla zecca per sequestrare i soldi e uscire dall’euro
Stournaras,
ex responsabile della Banca centrale, racconta il complotto ordito a
luglio dall’ala radicale di Syriza dopo il sì alla Ue
di Ettore Livini
MILANO.
«Si è vero. A metà luglio dell’anno scorso ho avuto informazioni
precise su un piano per attaccare la zecca di Atene, sequestrare i soldi
custoditi nei caveau e introdurre una valuta parallela. E’ per questo
che ho contattato il presidente della Repubblica, riunito i legali e
avvisato i vertici dello Stato mettendo su — diciamo così — un “muro”
per prevenire sviluppi di questo tipo». Sembrava uno scenario da
fantascienza. Invece — parola del governatore della Banca centrale
ellenica Yannis Stournaras — era realtà: sei mesi fa la Grecia è stata
per qualche ora sull’orlo di una drammatica uscita dall’euro.
Complici
non i diktat di Wolfgang Schaeuble o della Troika ma un presunto blitz a
metà tra 007 e Fantozzi. Protagonisti (nel ruolo dei cattivi) i
militanti di Piattaforma di Sinistra, l’ala radicale di Syriza, con
l’appoggio implicito — sussurrano le malelingue sotto il Partenone —
dell’ex ministro delle finanze Yanis Varoufakis. Obiettivo: mettere le
mani, se necessario con la forza, sui 10 miliardi custoditi nelle
casseforti dell’istituto centrale e utilizzare questo tesoretto per
liberarsi di Ue, Bce e Fmi e reintrodurre in Grecia una valuta parallela
destinata a diventare la nuova dracma. Spedendo in carcere, se si fosse
opposto, lo stesso Stournaras.
Fantasie? Non troppo. Se è vero
che lo stesso Alexis Tsipras, preoccupato delle trame dei suoi compagni
di partito, ha dato mandato in quelle ore ai servizi segreti di blindare
con un cordone di sicurezza il Nomismatokopeio, il palazzone bianco nel
quartiere di Holargos dove la Banca di Grecia tiene le sue riserve
d’euro.
LE TRAME DEI COSPIRATORI
I dettagli del piano,
dicono diverse indiscrezioni, sarebbero stati messi a punto il 14 luglio
in una riunione segreta all’Hotel Oscar di Atene, convocata d’urgenza
da Panagiotis Lafazanis, leader dei “duri” di Syriza e allora ministro
dell’energia. Nove giorni prima il 61% dei greci aveva detto “no” nel
referendum alle condizioni imposte dalla Troika in cambio di nuovi
aiuti. L’”Oki” però era servito a poco. Nella notte tra il 12 e il 13
luglio, messo alle corde dai partner Ue e dai controlli di capitale,
Tsipras ha capitolato, firmando in bianco il nuovo piano d’austerità e
scatenando la rabbia dei “congiurati” radunati nell’hotel. «Dobbiamo
tornare alla dracma. Dovevamo farlo prima, lo faremo ora» li ha
arringati secondo due persone presenti all’incontro Lafazanis,
presentando nei dettagli il progetto: prendere il controllo della banca
centrale e della zecca con l’aiuto delle forze dell’ordine. E utilizzare
la liquidità custodita nei caveau di Holargos per pianificare l’addio
all’euro: «Quei 22 miliardi ci serviranno per pagare per sei mesi
stipendi e pensioni — ha spiegato — . E nel frattempo avremo il tempo
per stampare e introdurre una nuova valuta».
IL FLOP DEL PIANO
Il
presunto blitz è rimasto il sogno di una notte di mezza estate. Il
meeting segreto dell’Oscar non era poi tanto segreto. Tsipras — che a
quel punto aveva già messo in preventivo la scissione con l’ala radicale
di Syriza, consumata un mese dopo — si è messo di traverso
disinnescando le possibili infiltrazioni nella macchina dello Stato e
mobilitando gli 007. Stournaras ha alzato il “muro”. E la Grecia, tra
mille difficoltà, è ancora agganciata all’euro. «Il sequestro della
zecca non sarebbe servito a niente — minimizza uno dei massimi
funzionari del ministero delle finanze — Le riserve, tanto per
cominciare, erano 10 miliardi e non 22 e sarebbero bastate per tenere in
piedi il paese per un mese sì e no». Non solo. «La Ue avrebbe subito
messo fuori corso quei soldi, rendendoli inutilizzabili per transazioni
internazionali. Forse si sarebbe potuto stamparne di nuovi. Ma a
Holargos esistono solo cliché per banconote da 10 e 20 euro. Spiccioli
che non avrebbero portato troppo lontano».
LA MOSSA DI VAROUFAKIS
I
protagonisti di quelle ore gettano oggi acqua sul fuoco: Lafazanis —
rimasto fuori dal Parlamento perché il suo nuovo partito non ha
raggiunto la soglia del 3% — definisce le rivelazioni di Stournaras
«sporche insinuazioni, messe in giro dagli uomini di Tsipras per
screditarmi». Varoufakis, che non ha mai fatto mistero di essere stato
favorevole alla valuta parallela, non le manda a dire nemmeno questa
volta. E ha attaccato il governatore (titolare delle Finanze nel governo
Samaras) domandandogli come mai non era stato informato a luglio dei
suoi timori e sfidandolo a dimostrare che «io, qualcuno dei miei uomini,
funzionari del dicastero o il premier avessimo avuto qualcosa a che
fare con il blitz alla banca centrale». Il vulcanico ex ministro è
impegnato tra l’altro a pianificare il suo rientro in politica con
movimento europeo anti-austerity.
Tsipras invece ha scelto la
strada del silenzio. Il suo esecutivo è impegnato nel primo check-up
della Troika, nella speranza di strappare la ristrutturazione del
debito. Ne ha bisogno come il pane visto che per la prima volta da molto
tempo il centrodestra di Nea Demokratia, guidato dal nuovo giovane
leader Kyriakos Mitsotakis, ha superato Syriza in due sondaggi.
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Lafazanis:
“Sporche insinuazioni”. E Varoufakis: “Dimostra che sono un
cospiratore” “Erano pronti anche ad arrestarmi se mi fossi opposto”.
L’obiettivo: una nuova Dracma