Repubblica 18.1.16
I dubbi del Quirinale sulle unioni civili. Le modifiche del governo
Pronti gli emendamenti dell’esecutivo per evitare equiparazioni col matrimonio vietate dalla Consulta
di Claudio Tito
ROMA.
«I costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva
(e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso
diverso». Questa frase negli ultimi giorni sta rimbombando nelle sale di
tutti i palazzi della politica. Da Palazzo Chigi al Quirinale, dalla
Camera al Senato. E in una certa misura li sta scuotendo. Provocando
allarmi e riflessioni.
In molti si stanno chiedendo quanto potrà
incidere nell’esame della nuova legge sulle unioni civili. Il cosiddetto
testo Cirinnà. Che a fine mese sarà all’esame dell’aula di Palazzo
Madama. Dopo un travagliatissimo iter e quasi in contemporanea con la
riedizione del “Family day” del prossimo 30 gennaio. Perché a
pronunciare quella frase non è stato un oscuro senatore. Ma la Corte
costituzionale, nella sentenza emessa nell’aprile del 2010.
Quella
decisione presa dalla Consulta quasi sei anni fa, si sta trasformando
in un vero e proprio paradigma di riferimento per il provvedimento che
sta dividendo al loro interno sia la maggioranza, sia l’opposizione. Il
cuore dei dubbi infatti non sono più le adozioni ma il rischio che
queste unioni civili siano “troppo” equiparate al matrimonio.
E
infatti proprio in queste ore i contatti informali tra il governo e il
Quirinale sono stati intensi. Diversi membri dell’esecutivo hanno voluto
chiedere una valutazione alla Presidenza della Repubblica. Per capire
se nell’impianto del testo possano davvero emergere delle incoerenze di
carattere costituzionale. Dal Colle la risposta è stata piuttosto
precisa: il riferimento da prendere in considerazione è la sentenza 138
della Consulta. Mattarella si è tenuto ben lontano da giudizi o consigli
nel merito del provvedimento. Il capo dello Stato, infatti, non intende
assolutamente intervenire nei contenuti di una legge ancora in
discussione in Parlamento. E pur essendo stato favorevole alla legge sui
Dico – quella proposta nel 2007 dal governo Prodi – il Quirinale
esprimerà le sue valutazioni solo quando la norma sarà approvata e solo
sulla base della sua costituzionalità.
Ma proprio per questo il
solo richiamo alla sentenza della Corte del 2010 (quando Mattarella
peraltro non era ancora giudice costituzionale) ha fatto scattare
l’allarme nel governo.
Il problema, dunque, non sono le adozioni.
Le difficoltà non si concentrano nella stepchild adoption. Ma semmai
negli articoli 2 e 3 del testo Cirinnà, quelli che rinviano alla
disciplina del matrimonio. Anzi a Palazzo Chigi stanno proprio studiando
una serie di emendamenti per limitare quei rischi. E per rendere la
nuova legge pienamente compatibile con i paletti posti dalla Consulta.
Nel
governo, del resto, sono stati sottolineati con la matita blu almeno
altri due passaggi della sentenza. Tra i quali questo: «Si deve
escludere che l’aspirazione al riconoscimento dei diritti e doveri della
coppia omosessuale possa essere realizzata soltanto attraverso una
equiparazione delle unioni omosessuali». Nella sostanza le modifiche che
verranno presentate a Palazzo Madama per conto dell’esecutivo mireranno
– come dice ad esempio il capogruppo Pd Luigi Zanda – «a ridurre i
rimandi agli articoli del codice civile sul matrimonio». L’obiettivo è
quello di dar vita ad un istituto giuridico autonomo con caratteristiche
diverse e graduate rispetto al matrimonio stesso. Se l’istituto
giuridico è diverso – sono i ragionamenti in corso - anche la qualità e
la quantità dei diritti e dei doveri deve essere diversa. Uno degli
emendamenti ad esempio riguarderà l’uso del cognome.
Nel governo
sono dunque convinti che anche specificando me- glio le differenze tra
matrimonio e unioni civili sarà mantenuta la sostanza della legge. I
diritti per le coppie omosessuali non saranno comunque intaccati.
Non
è un caso che nel confronto di questi giorni non sia in discussione il
tema delle adozioni. Il Quirinale non fatto alcun riferimento a quel
nodo. I profili di costituzionalità non riguardano dunque la stepchild
adoption.
E la linea di Renzi su questo aspetto ormai è definita.
Non sarà presentata alcuna correzione su questa materia dall’esecutivo.
Il testo non sarà toccato. Il ministro per i rapporti con il Parlamento,
Maria Elena Boschi, ha ricevuto un mandato preciso. La linea del Pd
resta favorevole alla nuova disciplina sulle adozioni. Se poi la
maggioranza del Senato si schiererà per il no , la responsabilità non
potrà essere riversata sui democratici.
La legge Cirinnà sarà
sottoposta al voto dell’aula. Se verrà chiesto lo scrutinio segreto,
ognuno dovrà assumersi la responsabilità di quella scelta. «Noi - dicono
al Pd - voteremo per la stepchild adoption. E faremo di tutto per
approvarla. Se non passerà, ne prenderemo atto. Ma il passo fondamentale
è avere finalmente una legge sulle unioni civili».