Repubblica 18.1.16
La cambiale dei cattolici
di Stefano Folli
UNA
parte del mondo cattolico ha deciso di far sentire la sua voce sulle
unioni civili. Non era scontato dopo la linea morbida e di fatto quasi
neutrale che la Chiesa aveva tenuto fino a ieri. Una linea che sembrava
escludere qualsiasi avallo ecclesiastico alla manifestazione pubblica
per la famiglia, il cosiddetto “Family Day”, previsto per la fine del
mese. Da parte sua, il segretario della Conferenza Episcopale, Galantino
— si suppone non a insaputa del Papa — aveva lasciato capire che la
legge in preparazione era accettabile, salvo sul punto delle adozioni
omosessuali.
E INFATTI questo è il nodo su cui era in corso in
Parlamento una cauta mediazione che non aveva dato ancora un esito
definitivo. Ma da ieri sera qualcosa è cambiato.
Ha preso la
parola il cardinale Bagnasco che della Cei è il presidente. Con tono
secco e argomenti perentori egli ha espresso una posizione molto diversa
da quella di Galantino. Ha detto che l’Italia ha ben altre questioni di
cui occuparsi (la disoccupazione, i giovani, l’economia stagnante) che
non le unioni civili. E soprattutto ha abbracciato la causa del “Family
Day” come era già accaduto nel maggio del 2007 in occasione della prima,
analoga manifestazione. Ma era un’altra Italia e in particolare
un’altra Cei, ancora sotto l’influenza del cardinale Ruini che l’aveva
guidata per una lunga stagione.
Ora il brusco cambio di passo
segnala qualcosa di irrisolto all’interno della Chiesa italiana, dove è
evidente un confronto in atto fra conservatori e innovatori
“francescani”. Quel che più conta, il risveglio cattolico ha immediati
riflessi in Parlamento dove il testo del governo è sottoposto a nuove
pressioni. Il che riguarda la maggioranza nel suo complesso ma in
particolare il Pd, dove la componente cattolica è ben rappresentata. Ne
deriva che la trattativa è tutt’altro che conclusa, mentre le posizioni
più aspre della Cei avranno l’effetto inevitabile di mobilitare quei
deputati e senatori cattolici meno favorevoli al compromesso. Altri ce
ne sono che fino a ieri accettavano di fatto il testo Cirinnà, purché
corretto sul punto delle adozioni. Ora si rischia che l’intero impianto
della legge venga rimesso in discussione.
La speranza di
presentare fra breve la legge in aula con alcuni correttivi tali da
ridurre al minimo l’area del dissenso (da compensare poi con i voti di
altri settori politici) rischia di rivelarsi un’illusione. Se si tocca
l’architettura del provvedimento, è chiaro che si apre il vaso di
Pandora delle polemiche e quanto meno ci si prepara a un rinvio. Il che
non impedirebbe comunque a Renzi di presentarsi all’opinione pubblica
come un riformatore, colui che quella legge voleva approvarla.
Esistono
peraltro ulteriori preoccupazioni di ordine costituzionale alle quali è
sensibile il Quirinale. Mattarella non interviene sull’iter legislativo
di questa come di qualsiasi legge. Ma conosce le sentenze della Corte
ed è consapevole delle caratteristiche giuridiche che inquadrano il
matrimonio come unione di un uomo e di una donna. Per cui la legge dovrà
tener conto della norma costituzionale, senza commettere errori nella
definizione delle unioni civili. Il che significa soprattutto
distinguere ciò che è matrimonio da ciò che è un’altra cosa: un diverso
istituto, bisognoso come tale di una distinta cornice giuridica. Ed è
evidente che questo aspetto viene persino prima della controversa
questione delle adozioni.
Sul piano normativo il Parlamento è in
grado di lavorare, sia pure non senza fatica, per mettere a punto
attraverso gli emendamenti un testo equilibrato che rispecchi la
Costituzione in tutte le sue pieghe.
Ma si tratta di capire adesso
se l’uscita di Bagnasco non renda inutile questo percorso. Se l’appello
a favore del “Family Day” sarà letto da una parte del mondo cattolico
come un invito a boicottare la legge, o almeno a rinviarla “sine die”,
la tensione politica è destinata a crescere fino a livelli
imprevedibili. Ma potremmo anche assistere in Parlamento a una frattura
interna al mondo cattolico, come talvolta è accaduto quando è in gioco
la distinzione fra Stato e Chiesa.