domenica 17 gennaio 2016

Repubblica 17.1.16
L’influenza della Chiesa
risponde Corrado Augias


GENTILE Augias, non so con quanta fondatezza, ma penso che l’autorità, in tempi molto lunghi, sarà magari ancora delegata, ma sempre meno individuata in entità trascendenti. Recentemente l’ho sentito dire in Tv che non le piacerebbe vivere in una teocrazia. Evidentemente lei ritiene che sia una forma di governo arcaica, perlopiù oppressiva dei diritti delle donne e delle minoranze, generalmente dogmatica nei valori che propone, in quanto l’autorità della classe dirigente si fonda su una presunta volontà divina. Mi perdoni il tono vagamente provocatorio, ma non trova strano che il capo assoluto di uno di tali regimi (la Santa Sede) venga considerato un modello di umanità e di rinnovamento morale, anche dal quotidiano su cui lei scrive? Ciò significa che, a prescindere dalle teorie e dai sistemi, sono le qualità dei leader a configurare la bontà dei governi. Se fosse papa Francesco a guidarlo, potremmo augurarci il sorgere di un nuovo Stato Pontificio? Oppure le teocrazie intolleranti e vessatorie sono solo quelle islamiche?
Massimo Giannone

È UN buon tema da sviluppare, per quanto lo consente lo spazio di questa rubrica. Papa Francesco è un capo spirituale, un pastore d’anime come direbbe egli stesso, non un capo politico diretto come i pontefici romani sono stati fino al 20 settembre 1870. La prima differenza da marcare è questa: Francesco sta tentando di rinnovare la sua Chiesa, la Repubblica Italiana tenta di adeguare le sue leggi alle nuove necessità. Sono due cose per fortuna distinte. Il fatto che il Papa sia anche un capo di Stato (Teocrazia) nella cui figura convergono tutti e tre i poteri altrove separati da più di due secoli — legislativo, esecutivo, giudiziario — a noi in quanto cittadini non interessa e non credo interessi nemmeno ai milioni di cattolici sparsi nel mondo. Interessa solo i cittadini vaticani, cioè i suoi sudditi diretti. Resta ovviamente l’influenza indiretta che per esempio i vescovi possono esercitare sulla vita politica attraverso la loro “Conferenza”. Ai tempi in cui la Cei era presieduta dal cardinale Ruini — dotato d’una rigida concezione temporale del suo incarico — le ingerenze politiche della gerarchia erano continue e pesanti — arrivarono a violare clamorosamente la stessa legge elettorale. Oggi le cose avvengono con minor frequenza e in maniera più discreta. L’ultimo caso è, per esempio, il risveglio di alcuni deputati cattolici del Pd sulle adozioni nelle coppie omosessuali, diretta conseguenza dell’esortazione dei vescovi a intervenire. Sono cose che altrove in Europa non avvengono e che (al momento) restano marginali anche qui; la Chiesa tra l’altro ha ben altri problemi di sopravvivenza. Il signor Giannone insinua con malizia se non sarebbe possibile il ritorno a uno Stato pontificio. Abbiamo conosciuto quel momento; Vincenzo Gioberti, cappellano di corte di Carlo Alberto poi ministro, esponente della corrente detta “neoguelfa”, pubblicò un’opera dal titolo ”Il primato morale e civile degl’Italiani” nella quale sosteneva appunto una federazione degli stati della penisola sotto la presidenza del Papa. Era il 1843, da allora nessuno ci ha più pensato.