sabato 16 gennaio 2016

Repubblica 16.1.16
Libia, 4 caccia italiani spostati a Trapani “Pronti a difendere i pozzi di petrolio dall’Is”
di Vincenzo Nigro

L’Italia è un po’ più vicina alla possibilità di nuovi attacchi militari in Libia. L’Aeronautica militare ha trasferito ieri a Trapani, in Sicilia, 4 cacciabombardieri Amx dalla base di Istrana, in provincia di Treviso. La decisione è stata presa martedì, in una riunione del gabinetto di crisi a Palazzo Chigi. Il premier Renzi con Minniti, Gentiloni, la Pinotti e Alfano ha incrociato le sue valutazioni con le ultime informazioni portate dal capo di Stato maggiore Claudio Graziano e dal direttore dei servizi di intelligence, l’ambasciatore Giampiero Massolo.
Le ragioni di questa scelta sono da giorni sui giornali e sui siti di informazione di tutto il Mediterraneo: da settimane in Libia il Daesh sta progredendo. Come diceva l’inviato Onu Martin Kobler, «la vera novità è che lo Stato Islamico sta dimostrando una notevole capacità militare: avanza contemporaneamente verso Sud e verso Est». Le truppe del Califfo Al Baghdadi dimostrano la propria forza, e adesso starebbero preparando un’avanzata anche verso Sebha, un’oasi strategica nel Sud della Libia.
Ma allora perché l’Europa, la Nato, l’Italia stessa rimangono a guardare? Perché non hanno ancora attaccato il Daesh in Libia? Lo ha ripetuto ieri ancora una volta Paolo Gentiloni: per il ministro degli Esteri (come per tutto il governo italiano, a partire dal premier Renzi) «è sbagliato attaccare in Libia senza un governo di unità nazionale libico insediato, che eventualmente chieda un aiuto della comunità internazionale». In un’intervista a
Le Figaro di Parigi, Gentiloni dice che l’Italia è pronta a una «coalizione internazionale» per lottare contro il Daesh in Libia, simile a quella che agisce in Iraq e Siria: «Se occorrerà, tra qualche mese, prendere amaramente atto che i libici hanno rinunciato alla prospettiva di un accordo di unità, allora certamente dovrà vedere la luce una coalizione anti-Daesh, dice il ministro. «Ma ribadisco — aggiunge — non è all’ordine del giorno: farlo equivarrebbe ad ammettere che gli sforzi dei libici sono falliti».
Gentiloni conferma una linea che, elaborata con Renzi e con il sottosegretario a Palazzo Chigi con delega ai servizi Minniti, è condivisa in maniera convinta da tutti i ministri: se si attacca in Libia senza un governo libico, sarà una nuova “invasione” occidentale, e il Daesh ne godrà dei frutti, in termini di propaganda e di nuove reclute. L’Italia, dunque, ha scommesso di attendere il nuovo governo Libico, che il premier designato Al Serraj dovrebbe portare a termine proprio domani.
Ma se si è deciso di attendere, perché allora trasferire gli aerei a Trapani? Per due ragioni: per poter contenere “colpi di testa” degli alleati della regione (innanzitutto di Francia ed Egitto che hanno fatto esercitare i loro aerei sul Mediterraneo). E poi perché, come spiega una fonte del governo, «potrebbe essere comunque necessario rispondere ad un attacco straordinario del Califfato islamico su Tripoli», sui pozzi petroliferi, sulle stazioni di pompaggio del gas, su altre installazioni strategiche. Da Trapani l’Italia potrebbe far ripartire più facilmente la guerra che ancora non vuole fare.