sabato 16 gennaio 2016

Repubblica 16.1.16
Ma l’ostilità alla Merkel comporta molti rischi
La solitudine di Roma e il tornaconto elettorale
di Stefano Folli

Quanto rende sul piano elettorale una linea anti- europea, ostile in modo esplicito alla Germania egemone e di sfida verso la Commissione? Sulla carta il dividendo è alto perché l’Unione si avvita da tempo in una crescente impopolarità, persino in un Paese come l’Italia storicamente legato agli ideali comunitari. Ma un calcolo fondato solo sulla convenienza elettorale rischia di rivelarsi una scommessa troppo azzardata anche per un politico abile e spregiudicato come Matteo Renzi.
Costi e benefici del gioco sono in queste ore al centro della riflessione a Palazzo Chigi non meno che in altri palazzi romani. Dove i più conoscono la tradizione politica del centrosinistra: una tradizione che ha sempre dato priorità alla costruzione dell’Europa e, in tale cornice, al rapporto con Germania e Francia. Quando Berlusconi, nei suoi anni di governo, tentò di allontanarsi da questo sentiero intavolando una relazione privilegiata con la Gran Bretagna di Tony Blair, sullo sfondo della comune amicizia con George W. Bush, la scelta fece scalpore. Con i governi successivi di Monti ed Enrico Letta si tornò nell’alveo mittel- europeo, come l’unico in grado di garantire gli interessi italiani. Oggi Renzi è tentato di percorrere l’altra strada. Giudica in passivo la sua agenda europea, pur avendo valide ragioni su alcuni punti: dai problemi bancari irrisolti al nodo della flessibilità, dalla politica verso i migranti con la gestione delle frontiere al gasdotto del Nord. Ritiene che per ottenere qualcosa si debba scuotere l’albero, salvo poi assicurare che «noi non siamo degli sfasciacarrozze». Ma è un terreno finora poco esplorato, che ha prodotto fin qui lo scontro forse senza precedenti con il presidente della Commissione.
Se l’obiettivo immediato del premier è raccogliere voti per poi presentarsi al tavolo di Bruxelles più forte, è chiaro che i tempi non gli sono favorevoli. Amministrative a parte, il 2016 è un anno di passaggio il cui appuntamento più importante resta il referendum di autunno sulla riforma costituzionale. E non è credibile che alla lunga campagna per il “sì” alla riforma si voglia mescolare un “battage” volto di fatto a delegittimare le istituzioni europee e alcuni personaggi che le rappresentano. Anche perché la linea anti-tedesca (e anti-Commissione) contiene un pericolo: quello di accreditare, anziché svuotare, le posizioni più radicali contro l’Europa rappresentate dalla Lega, dai Cinque Stelle, dai Fratelli d’Italia. Tra il figlio di una tradizione comunque europeista, quale Renzi è, e i guerrieri no-euro e no-Bruxelles, c’è il caso che siano questi ultimi a guadagnare consenso con l’argomento: «Vedete? L’Europa ha tradito pure lui che si illudeva di cambiarla». Certo, anche in passato ci sono stati forti contrasti fra Roma e l’Unione o fra Roma e qualche cancelleria. Ma i conflitti restavano nella penombra, affidati a funzionari efficienti e capaci di negoziare. Raramente emergevano in piena luce perché avrebbero avuto effetti destabilizzanti, dannosi per tutti. Non è un caso che il presidente emerito Giorgio Napolitano suggerisca prudenza nell’intervista di ieri alla Stampa.
Prudenza che non significa inerzia, ma solo attenzione nel misurare i passi e le parole, badando alle conseguenze.
È evidente infatti che la polemica in atto spinge l’Italia lungo una china nazionalista, magari involontaria, in un momento in cui tali pulsioni serpeggiano da Est a Ovest e la Germania si va indebolendo. In via ufficiale si afferma che Roma vuole solo dare un «contributo costruttivo» a edificare un’Europa diversa. Ma nella sostanza i contorni di questa nuova Europa non s’intravedono, mentre invece l’Italia si trova isolata nella sua sfida. Lo stesso ruvido attacco di Juncker si spiega con la solitudine di Roma che ne fa un bersaglio poco impegnativo. Ora rammendare la tela strappata è interesse comune, come nota Federica Mogherini. Ma chi deve fare il primo passo è il governo italiano. Non accadrà subito.