Corriere 16.1.16
Il voto anticipato e i sospetti europei sulle mosse italiane
Un
sospetto si aggira per l’Europa: e se Renzi avesse deciso di attaccare
l’Unione pensando di anticipare il voto nel 2017, e usando toni che
attecchiscono sull’elettorato?
di Francesco Verderami
Un
sospetto si aggira per l’Europa: e se Renzi avesse deciso di attaccare
l’Unione pensando di anticipare il voto nel 2017, e usando toni che
attecchiscono sull’elettorato? Il sospetto ha preso corpo a Berlino, sta
dentro una domanda: «Warum?». «Perché?», si chiede Manfred Weber.
«Perché
il vostro presidente del Consiglio ha assunto questo atteggiamento?».
Così esordisce da giorni il capogruppo del Ppe con i suoi interlocutori
italiani. E nei conversari riservati non è sfuggito il modo in cui il
falco tedesco ha coniugato i verbi: ha usato il singolare per confidare
di essere rimasto «spiazzato» dalle mosse di Renzi; è passato al plurale
per aggiungere che «non ce lo aspettavamo».
Weber è considerato
la sentinella di Angela Merkel nelle istituzioni europee, oltre che
grande elettore di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione. Per
quanto conosca la politica per averla praticata nella Csu bavarese
prima che a Strasburgo, fatica a districarsi nelle dinamiche
machiavelliche, distanti dalla linearità teutonica: «Non capisco.
Davvero, sono incomprensibili queste ripetute dichiarazioni fortemente
critiche del vostro capo di governo, a fronte dell’atteggiamento
positivo della Commissione».
È una questione di punti di vista, e
non c’è dubbio che l’ottica di Renzi sia diversa, quando lamenta la
gestione di Bruxelles sui dossier cari all’Italia, a partire dal nodo
irrisolto dell’immigrazione e dalle concessioni in tema di economia «che
abbiamo faticato ad ottenere». Weber parte invece dal presupposto che
«concessioni al governo italiano ne sono state fatte». Arriva a dire che
«in varie occasioni è stata dimostrata grande disponibilità, anche per
contrastare il pericolo dei partiti populisti in Europa».
È un
punto delicato quello che tocca il capogruppo del Ppe, perché rivendica
alla Commissione e all’Europarlamento il merito di voler salvaguardare
l’Italia da un fenomeno già presente in altri Paesi. «Noi stiamo dando
una mano. Siamo tutti aperti. E comunque Renzi deve capire che non può
pensare di risolvere i problemi italiani con la flessibilità in Europa.
Invece che fa? Attacca Juncker e Merkel. È inconcepibile».
«Warum?»,
si chiede allora Weber. «Perché?», va chiedendo nei suoi colloqui, così
da farsi un’idea sulle reali intenzioni del premier italiano. E c’è un
motivo se nelle conversazioni evoca il rischio che Roma finisca per
restare isolata nel consesso europeo. Il politico tedesco l’ha fatto
sempre in modo indiretto, senza mai esporsi. L’altro giorno ha citato
l’intervista concessa alla Stampa dal commissario Ue all’Economia,
Pierre Moscovici, che sulla flessibilità ha invitato l’Italia a
«rispettare le regole»: «Avete letto cosa ha detto? E lui è un
socialista, proprio come Renzi».
«Non capisco. Siamo preoccupati
per l’Italia». Il passaggio al plurale nell’uso dei verbi non sembra mai
casuale, almeno questa è la sensazione e l’interpretazione di quanti
parlano con Weber. Lo scontro di ieri tra Renzi e Juncker non
sembrerebbe un buon viatico per l’incontro del presidente del Consiglio
italiano con la Cancelliera tedesca, e i timori degli uomini di Renzi — a
Roma come a Bruxelles — superano il muro della riservatezza: quanto a
lungo si può reggere un simile braccio di ferro? Quanto c’è da
guadagnare e quanto da perdere? L’esortazione del premier è di «finirla
con i complessi di inferiorità»: lui si sente «in sintonia con il
Paese».
Se così stanno le cose, se per il leader del Pd è l’Europa
— non Grillo nè Salvini — la sua vera opposizione, lo stress-test con
Bruxelles potrebbe arrivare a un punto di rottura. «Questo non è il modo
di comportarsi», ripete Weber cercando una password per comprendere la
vera strategia di Renzi. Nel gioco costi-benefici c’è un evidente
squilibrio per l’Italia. Nel 2017, peraltro, andranno a scadenza
cambiali europee molto pesanti, con le clausole di salvaguardia che
somigliano ad altrettante spade di Damocle, con l’obbligo di realizzare
una crescita straordinaria per evitare una pesante manovra correttiva.
«A
meno che...». Ecco come il sospetto prende corpo. «A meno che» Renzi
non pensi di andare alle elezioni anticipate proprio nel 2017, sull’onda
della vittoria al referendum costituzionale. Il premier italiano ha
sempre smentito questa ipotesi, e Weber non può che prendere per buone
le sue dichiarazioni, anche se finora non ha trovato risposte valide ai
suoi «Warum?». Introducendo questa variabile, invece, «allora capirei».
Andando alle urne con l’Europa come opposizione, il segretario del Pd
toglierebbe benzina alla campagna elettorale dei suoi avversari.
«Ma
certe cose possono farle piccoli leader di piccoli Paesi», aggiunge di
scatto il capogruppo del Ppe, come a volersi destare da un incubo, come a
voler allontanare da sé quel sospetto: «Il vostro presidente del
Consiglio guida uno dei Paesi fondatori dell’Unione ed è anche il leader
della maggiore forza politica del Partito socialista europeo. Se anche
lui si mette a usare toni populisti...». Weber finora non ha trovato
risposte ai suoi «Warum?». Gli resta un dubbio.
Francesco Verderami