mercoledì 13 gennaio 2016

Repubblica 13.1.16
Gli strascichi al veleno della battaglia di Quarto
I Cinquestelle, il Pd e una polemica che rischia di creare ancora più distanza tra cittadini e politica
di Stefano Folli

NELL’immediato la vicenda di Quarto rafforza il movimento dei Cinque Stelle, nel senso che accende l’orgoglio dei militanti e crea l’effetto “nemico alle porte”. Dove il nemico è ovviamente Renzi, l’astuto premier che per girare il coltello nella piaga si è messo a difendere la sindaca Rosa Capuozzo espulsa da Grillo. Mossa abile, volta ad approfondire i contrasti nel M5S e in prospettiva, chissà, a creare le condizioni perché gli espulsi di oggi possano confluire domani nel Pd. In termini politici sarebbe come vincere il primo premio alla lotteria.
Tuttavia a breve termine gli elettori “grillini” si stringeranno attorno alle loro bandiere, quale che sia il loro tasso di delusione. E poi non bisogna dimenticare la tendenza al “complottismo” che serpeggia in quel mondo. Chi crede nelle scie chimiche può ben credere a una congiura su scala nazionale e forse internazionale a danno del movimento e della sua leadership. Peraltro i fatti, a differenza delle illusioni, hanno la testa dura. E i fatti di Quarto rappresentano la peggiore crisi da cui i Cinque Stelle di Grillo siano stati investiti fin dalla loro nascita. È uno sfregio all’immagine costruita in oltre due anni e un danno probabile - a lungo termine - anche in termini elettorali. Negare la realtà accentua la crisi. Ma agire sotto l’incalzare degli eventi per non scontentare l’opinione pubblica ha il sapore amaro dell’opportunismo. In un caso come nell’altro il M5S paga la propria inesperienza amministrativa, dimostrando la debolezza della “cultura di governo”.
PUÒ darsi che la disavventura faccia bene alla maturazione dei Cinque Stelle. Nel senso che, una volta sgominato in blocco il gruppo consiliare di Quarto, a cominciare dal sindaco, è possibile che il gruppo di vertice tragga qualche lezione dalla vicenda. La prima delle quali, è ormai chiaro, riguarda i limiti dell’anti-politica. Il populismo esasperato e giustizialista, la demolizione morale degli avversari (la “casta”) serve a raccogliere tanti voti, specie quando c’è nel paese un evidente vuoto politico colmato in parte dal solo Pd renziano. Ma la denuncia permanente non va d’accordo con l’attività amministrativa, ossia con gli obblighi che si contraggono presentandosi alle elezioni locali e vincendo qui e là.
Ne deriva che una certa autocritica darebbe il segnale di una maggiore consapevolezza, ma difficilmente accadrà. Anche perché il movimento comincia a scontare l’assenza di una chiara leadership. O meglio: è evidente che il capo è sempre Grillo, in condominio con Casaleggio. Ma oggi si tratta di una guida dietro le quinte che si palesa nei passaggi chiave, un po’ come Khamenei, la “Guida spirituale” dell’Iran. Il che ha l’effetto di delegittimare a intermittenza il triumvirato Di Battista-Di Maio-Fico: troppi per essere convincenti, al di là delle contraddizioni e delle opacità degli ultimi giorni.
Sulla Capuozzo e la sua giunta è prevedibile che Grillo la spunti. Se non è riuscito Ignazio Marino a tener testa al suo partito, il Pd, a Roma, è davvero improbabile che ci riesca la prima cittadina di Quarto in Campania. Eppure la vicenda lascia uno strascico che nessuno può sottovalutare. Il primo aspetto riguarda gli argomenti della polemica. I capi dei Cinque Stelle in sostanza dicono: “Il Pd è peggio di noi, ci attacca perché li spaventiamo”. Ma è un tema debole che immiserisce la stessa auto-rappresentazione grillina circa un’ipotetica superiorità morale che sopravvive al pasticcio di Quarto. A sua volta, il partito di Renzi non è credibile quando scambia le parti in commedia e indossa per un giorno i panni dei Cinque Stelle al fine di ribaltare sul movimento tutto il repertorio delle accuse moralistiche subìte nel tempo.
Il vero rischio di questo batti e ribatti mediatico è di accentuare il distacco fra cittadini e istituzioni. Se il M5S scontenta il suo elettorato, una volta passato il momento in cui si serrano i ranghi, è plausibile che a ingrossarsi sarà il fiume dell’astensione. Ma oggi non si può prevedere fino a che punto sarà il Pd a trarne vantaggio.