La Stampa 13.1.16
Binario morto
di Massimo Gramellini
Nella
civilissima Ferrara un ragazzo nigeriano si butta sotto un treno in
corsa e subito sul web cominciano le olimpiadi del disumano: brindisi,
evviva, uno di meno. Chi si azzarda a commiserare il suicida viene
accusato di ipocrisia: ma come, per una volta che uno di questi
mangiatori a sbafo si toglie spontaneamente dai piedi? La medaglia d’oro
della desolazione va al tizio che critica quelli che gioiscono, ma solo
perché non si rendono conto che la disgrazia ha provocato disagi ai
passeggeri.
Questi commenti anonimi, denunciati dal giornale
online «Ferrara Italia», registrano un umore sempre più diffuso. A
dettarli sono la paura dell’immigrato non integrabile, la rabbia per i
trattamenti di favore di cui godrebbe rispetto ai residenti. Quel
rancore del piccolo borghese impoverito verso i miserabili e i poteri
forti che storicamente è alle origini di tutti i movimenti razzisti. Il
cosiddetto «buonismo» finge di ignorare il problema e finisce per
annegarlo in una melassa di buone intenzioni impraticabili. Ma quando la
morte di un essere umano non suscita più neanche un sussulto di
immedesimazione significa che la guerra di civiltà, agognata dal Califfo
e non disdegnata dai lepenisti d’Europa interessati a fare cassa
elettorale a qualunque costo, ha piantato il suo seme venefico nei
cuori. Resta da capire quale sia la civiltà sotto attacco che certa
gente si sente in dovere di difendere: quella che esulta per un giovane
depresso gettatosi sotto un treno non sembra, a occhio, troppo superiore
alla visione del mondo reclamizzata dai tagliagole dell’Isis.