Repubblica 12.1.16
La sfida Renzi-Merkel Un gioco pericoloso
I due Paesi sono sempre stati alleati nella costruzione dell’Unione
A chi giova indebolire la Cancelliera?
di Stefano Folli
Il
2015 si è chiuso con l’eco dell’aspra polemica condotta da Renzi verso
la Germania di Angela Merkel. Nel 2016 i toni sono appena meno duri, ma
la sostanza non cambia di molto. Dietro la facciata della cortesia
formale, i rapporti fra Roma e Berlino sono ai minimi. L’Italia “non è
subalterna” alla Merkel, ha detto di recente il premier. E due giorni fa
ha ribadito che “è finito il tempo in cui l’Europa di dava lezioni o
compiti da fare”. Dove in questo caso il messaggio è per la Commissione,
ma è difficile non vedere che il vero destinatario rimane la Germania,
potenza egemone nell’Unione e ispiratrice delle politiche di austerità
che l’Italia contesta a parole, ma deve rispettare nei fatti (pur
cercando ogni volta che è possibile qualche margine di faticosa
flessibilità).
Il presidente del Consiglio non fa mistero di
riferirsi agli Stati Uniti - vedi l’intervista al Tg1 - e alla loro
politica espansiva contrapposta alle rigidità teutoniche. E il
sottosegretario Gozi ha detto ieri a questo giornale: “Stiamo riformando
l’Italia, vogliamo riformare anche l’Europa”. Quasi nelle stesse ore il
“New York Times” sferrava un duro attacco alla Cancelliera a proposito
della sua “sciocca” decisione di accogliere centinaia di migliaia di
migranti dal Medio Oriente; con una conclusione perentoria: “Angela
Merkel se ne deve andare così che il suo paese e l’intero continente da
lei guidato possano evitare di pagare un prezzo troppo alto per la sua
follia di nobili principi e ideali”. Anche il “Financial Times”, come è
noto, ha previsto che nel 2016 la Cancelliera cadrà e proprio sui temi
drammatici della mancata integrazione dei nuovi immigrati nella società
tedesca.
In poche parole, il governo Merkel sta subendo una
pressione interna ed esterna senza precedenti. I fatti di Colonia hanno
portato a galla contraddizioni che non si volevano vedere e oggi Berlino
si trova in un vicolo cieco. A questo punto è lecito domandarsi: cosa
vuole ottenere il premier con la sua linea anti- Merkel, per la verità
più mediatica che sostanziale, abbracciata proprio quando la Germania
subisce i colpi più dolorosi e un’uscita di scena della Cancelliera non è
più irrealistico? Ci sono due ipotesi. La prima è che Renzi persegua un
dividendo elettorale, sforzandosi di sottrarre consenso alle liste
nemiche dell’Unione (e in genere della moneta unica). La seconda è che
punti anch’egli, in sintonia con una certa opinione inglese e americana,
alla caduta della Merkel. Con l’idea di ricavarne qualcosa di buono per
l’Italia: allentamento dell’austerità, maggiore solidarietà
sull’immigrazione, revisione delle scelte sui gasdotti.
Nel primo
caso il gioco è pericoloso, come sempre quando si cala sul tavolo la
carta del populismo. Il rischio è che la polemica anti-europea, che
certo Renzi non condivide nella sua versione estrema, finisca per
rafforzarsi. A tutto vantaggio proprio di quelle liste (Lega, Cinque
Stelle, quel che resta del mondo berlusconiano) che il premier vuole
svuotare e che invece si sentirebbero legittimate proprio dal loro
avversario. In fondo, il presidente del Consiglio è troppo
istituzionale, nonché coinvolto nella gestione delle politiche
economiche definite dai Trattati, per essere credibile come nemico di
Bruxelles e di Berlino.
Quanto al secondo caso, chi può sapere
oggi se la caduta della Merkel porterebbe a una svolta in senso
contrario all’austerità? Tutto lascia pensare che non sarà così: la
Cancelliera viene contestata da destra e le elezioni potrebbero
fotografare una Germania ancor meno tollerante verso i partner
meridionali. Le conseguenze sarebbero imprevedibili. Un solo esempio:
non si può dimenticare che la Merkel è stata e resta una cruciale
sostenitrice di Mario Draghi al vertice della Bce. Il che ha permesso
all’Italia di beneficiare in misura notevole, per non dire
straordinaria, della politica monetaria attuata dall’istituto. Che il
governo Renzi abbia il sogno di “riformare l’Europa” è comprensibile. Ma
l’europeismo italiano si è sempre sviluppato in un rapporto forte con
la Germania, senza la quale l’Unione non esisterebbe. Che sia
immaginabile un’altra Europa, senza o contro la Germania, nessuno lo ha
ancora dimostrato. Anche per questo la logica dovrebbe suggerire di
aiutare la Merkel nelle attuali difficoltà, anziché unirsi al
linciaggio.