Repubblica 11.1.16
Colonia
Come ribaltare quell’orrore
La notte di Colonia costituisce, sotto il profilo simbolico, un avvenimento grave
di Valerio Magrelli
LA notte di Colonia costituisce, sotto il profilo simbolico, un avvenimento grave.
Grave
quanto la strage nel Bataclan. Infatti, ad essere colpita non è stata
una generica folla formata da individui di ogni sesso, età, credo o
classe, bensì donne, soltanto donne, ossia i soggetti storicamente più
fragili della nostra società. A differenza di quanto accaduto a Parigi,
insomma, qui non si è sparato nel gruppo, ma ci si è accaniti
sull’anello più debole, sull’elemento più discriminato. Sempre e solo
sul piano strettamente simbolico, lo ripeto, tale orrore è forse
paragonabile alla “Notte dei cristalli” del novembre 1938, quando la
feccia di Hitler distrusse migliaia di negozi ebraici, incendiando
sinagoghe, massacrando centinaia di persone e stuprando a man bassa.
L’analogia fra nazismo e Is è cosa nota, così come pare assodato che i
criminali di Colonia abbiano seguito le direttive dello Stato Islamico.
Da tempo si dice che quest’ultimo miri a fomentare una sorta di guerra
civile europea. Ebbene, bisogna ammettere che la missione è riuscita,
spaccando una società basata sull’ideale di assimilazione.
Appunto
perciò, sostengo che i colpevoli non vadano rimpatriati. Troppo facile.
Occorre condannarli per quanto hanno fatto. Senza vendetta, certo, ma
accantonando ogni senso di colpa. Noi siamo gli eredi di Verri e
Beccaria, ma ciò non significa lasciare impuniti i colpevoli. Dunque,
mostriamo loro la nostra superiorità civile — perché di questo si
tratta, con buona pace di ogni relativismo: chiuderli in una prigione,
piuttosto che accecarli e castrarli, mozzando lingua e mani, costituisce
una forma di superiorità culturale.
Oggi, grazie alle nostre
democrazie, ogni ragazza può uscire sola, di notte, vestita come vuole.
Sappiamo bene quanto sia stato difficile ottenere questa meravigliosa
vittoria: come dimenticare i recenti, disgustosi discorsi sulle donne in
jeans “responsabili” della foia maschile? Che splendore, al contrario,
una giovane raggiante, tranquilla, cosciente di vivere in un mondo che
la rispetta e la tutela! Ci piace questa immagine? E allora
proteggiamola. Non va consentito a nessuno di mettere in dubbio certe
acquisizioni cruciali. Dirò di più: facciamo di Colonia la bandiera
delle nostre conquiste. Rovesciamo l’obbrobrio in vittoria. Non lasciamo
ai forcaioli un tema tanto importante e rappresentativo per la nostra
democrazia. Stare dalla parte dei deboli: ecco la vera essenza
progressista della nostra civiltà. E quindi basta con quel malinteso
senso di clemenza che regna ormai in Italia ed in Europa. Il
femminicidio, come ogni altra forma di molestie sulla donna, deve
diventare l’emblema di una nuova giustizia, il nuovo tabù della nostra
specie, proprio come l’incesto. Rilanciamo l‘edilizia. Costruiamo
istituti di pena umani e degni della nostra tradizione libertaria, dopo
di che riempliamoli, tanto per cominciare, con chiunque osi ancora
oltraggiare una donna.
Sì, dovrà esistere un altro calcolo del
tempo. Avremo sempre un a. C. e un d. C., però intendendo con ciò
“avanti Colonia” e “dopo Colonia”. Le centinaia di donne traumatizzate
per sempre da questa tragedia, avranno una sorta di nuovo 1° maggio.
Dalla festa dei lavoratori, alla festa delle passeggiatrici —
rivendicando quel termine orrendo per cui, se compiuto da una femmina,
il gesto più innocente (camminare di notte) viene a coincidere con la
prostituzione. Perché mai, quando gli uomini passeggiano, li si chiama
filosofi (i “peripatetici” seguaci di Aristotele) o flâneur (da
Baudelaire a Benjamin), mentre le donne che si azzardano a fare la
stessa cosa, diventano puttane? Pertanto, slogan per slogan, rifacendoci
a Kennedy, propongo che si smetta di dire “ Ich bin ein Berliner”,
ossia: “Sono un uomo di Berlino”, per affermare invece: “ Ich bin eine
Kölnerin”, “Sono una donna di Colonia”.