lunedì 11 gennaio 2016

Repubblica 11.1.16
Il dovere della Merkel
di Angelo Bolaffi

Molti sono gli interrogativi su quanto accaduto nella notte di Capodanno.
A Colonia, Amburgo, Stoccarda e in altre città tedesche. E non ancora pienamente chiarite sono colpe e responsabilità. Per ora è caduta la testa del capo della polizia di Colonia. Ma il ministro della Giustizia Heiko Maas ha addirittura ipotizzato l’esistenza di una regia occulta dietro episodi che di spontaneo o di casuale avrebbero poco e nulla. Per questo dovremo attendere i prossimi giorni, quando si terrà la prima sessione del Parlamento tedesco che segnerà la ripresa della vita politica dopo le festività, per avere un quadro “a bocce ferme” della situazione.
Intanto sia in Germania, dove l’emozione è fortissima, che in Europa (e nel mondo) ci si interroga su quali potranno essere le conseguenze per la politica tedesca in tema di immigrazione. E soprattutto se Angela Merkel saprà o vorrà restare fedele alla sua strategia di apertura e disponibilità all’accoglienza dei profughi che ha sollevato critiche nel suo stesso partito ma anche obiezioni in parte dell’opinione pubblica di orientamento liberale. Lo scorso dicembre la Cancelliera tedesca era stata prescelta dal Financial Times quale “personalità dell’anno” per il coraggio politico dimostrato nelle difficili settimane d’autunno durante le quali centinaia di migliaia di profughi hanno attraversato la frontiera tedesca per cercare asilo accolti con calore e solidarietà. In un articolo scritto per Repubblica Timothy Garton Ash ha sostenuto che Angela Merkel fosse per questo meritevole di essere candidarla al Nobel per la pace. Poi di colpo il barometro del giudizio sulla politica della Cancelliera tedesca ha cominciato a segnare tempesta. E nelle consuete previsioni di fine anno lo stesso Financial Times ha pronunciato una fosca profezia: nel 2016 la questione dei profughi segnerà la fine del regno di Angela Merkel. Il malcontento e l’incertezza prevarranno sulla ammirazione nei confronti della sua capacità di leadership: una rivolta dei leader politici locali della Cdu, espressione di un crescente malumore popolare nei confronti della sua politica di apertura la avrebbe costretta alle dimissioni.
La gravità dei reati commessi nella notte di San Silvestro, primo fra tutti l’intollerabile offesa fisica e morale alla libertà delle donne simbolo di uno dei valori non negoziabili della cultura europea e occidentale, è sembrata drammatica conferma di quella pessimistica prognosi. E fatto sorgere il dubbio che la Cancelliera tedesca sarà costretta a cambiare strada nel tentativo di salvare il suo destino politico e quello della Grosse Koalition che oggi governa il Paese.
Per ora dalle sue prime dichiarazioni «la sensazione, in questo caso delle donne, di sentirsi completamente in balia senza alcuna difesa, è per me anche personalmente intollerabile», come pure dall’andamento tutto sommato moderato nei toni del tradizionale incontro annuale organizzato nel giorno dell’Epifania dalla Csu bavarese nell’idilliaco villaggio di Wildbad Kreuth, l’impressione è che all’orizzonte non ci siano drastiche mutamenti di rotta nella politica seguita nei confronti dei profughi. E che nessuna forza politica oggi presente nel Parlamento, diverso è ovviamente il caso degli xenofobi di Pegida, voglia strumentalizzare quanto accaduto o soffiare sul fuoco giocando la carta della xenofobia. Certo verranno con maggiore determinazione perseguiti quanti si sono resi o si renderanno responsabili di reati, rompendo così il velo di ipocrisia che nel segno di un insensato ideologismo («il problema è sociale, non culturale») e in nome del “politicamente corretto”, anche la notte di Capodanno, ha spinto a chiudere non uno ma due occhi sul fatto che degli immigrati stavano commettendo dei gravi reati. «Un sospetto generalizzato», così il ministro degli Interni Thomas de Mazière, «è altrettanto sbagliato quanto tabuizzare la nazionalità dei criminali»: fermezza nella difesa di uno Stato di diritto che deve e vuole difendersi anche se a violare le leggi sono “i dannati della terra”. Ma anche ragionevole saggezza perfettamente espressa dal sindaco socialdemocratico di Amburgo Olaf Scholz che riferendosi ai possibili colpevoli ha affermato: «Non importa da dove vengano, importa dove sono» per poterli prendere. Massima apertura, dunque, per chi vuole integrarsi e accetta i valori culturali e principi giuridici del Paese che li ospita. Severa applicazione della leggi («se serve potremmo anche cambiarle», ha affermato il capo della Spd Sigmar Gabriel) e accelerazione dei processi di espulsione arrivando a minacciare di tagliare gli aiuti economici ai Paesi di origine che si opponessero al rimpatrio.
Questa ferma ma equilibrata determinazione della classe politica tedesca, nonostante una fisiologica dialettica interna, si basa sul convincimento, tutto sommato ancora condiviso, che ha guidato le scelte della Cancelliera: e cioè che la Germania (e l’Europa) per ragioni demografiche e geopolitiche non hanno futuro economico senza immigrazione. E che quello dei profughi è un fenomeno di portata globale che nessuna nazione europea, neppure le “grande Germania”, può affrontare da sola. A meno di illudersi di trovare salvezza dietro nuovi ma fragilissimi muri. In tal modo la “questione tedesca” torna, com’è evidente, a intrecciarsi sistematicamente con quella europea. E l’interesse nazionale, non solo quello della Germania, il Paese che ha più confinanti di tutti nel Vecchio Continente, ma anche quello dell’Italia o della Grecia, i Paesi più esposti sul fronte dell’immigrazione, non può essere difeso a prescindere dalla solidarietà tra europei. Altrimenti l’alternativa sarà semplice e disastrosa: ognuno per sé e la crisi per tutti. “Rispetto, solidarietà e nessuna tolleranza”: questa la parola d’ordine della manifestazione di quanti, in prima fila le donne tedesche, sabato a Colonia si sono contrapposti a quanti inneggiavano all’odio e all’intolleranza. In nome di questi valori vale la pena tentare di salvare le conquiste di Schengen per cercare di costruire assieme una nuova frontiera europea.