domenica 10 gennaio 2016

Repubblica 10.1.16
Ma il fronte del “No” affila le armi
Domani la prima uscita del comitato che si oppone alla riforma Boschi: “Sicuri di avere il 20% di parlamentari per chiedere la consultazione”
di Umberto Rosso

ROMA – Al “Comitato per il no” alla riforma Boschi, a battesimo domani con appuntamento fissato nel pomeriggio nell’auletta dei gruppi parlamentari, hanno già fatto i conti. E sono certi di aver praticamente in tasca il numero di firme necessarie per chiamare ad un “loro” referendum contro la riforma istituzionale. «Abbiamo scritto a tutti i gruppi – racconta Alfiero Grandi, vicepresidente del Comitato – e le adesioni fioccano: già ci hanno detto di sì almeno 126 deputati, ovvero siamo alla soglia del 20 per cento necessaria per richiedere la consultazione popolare». Le geografia dei filoreferendari sarebbe così composta: una novantina di grillini, una trentina di Sel, una decina nel gruppo misto. Ballerini invece i numeri del dissenso all’interno del Pd, e perciò nel Comitato per il no preferiscono astenersi dai conteggi. Lunedì, nella prima riunione, che sarà aperta dal presidente del Comitato, il costituzionalista Alessandro Pace e chiusa dal presidente onorario Gustavo Zagrebelsky, l’area dei parlamentari che si oppone dovrebbe uscire allo scoperto, transitare dal limbo dalla generica disponibilità ad una firma nero su bianco: ai deputati anti-ddl Boschi sarà infatti chiesto di sottoscrivere apertamente un documento per far partire, non appena la riforma sarà diventata definitivamente legge, la richiesta del referendum. Che, tuttavia, Renzi ha già annunciato di voler indire, per far passare la riforma comunque attraverso il voto degli italiani. «Ma il premier - obietta Grandi- cerca il plebiscito, il consenso personale, e noi perciò andiamo avanti con la nostra iniziativa referendaria, per abrogare completamente la legge Boschi». Fra i promotori, un pacchetto di mischia di giuristi e costituzionalisti – da Stefano Rodotà a Lorenza Carlassare, da Gianni Ferrara e Massimo Villone - con l’adesione di un arcipelago di sigle che va dalla Fiom a Rifondazione comunista, da Libertà e Giustizia ad Articolo 21, dai Giuristi democratici alla Rete per la Costituzione. Fra i parlamentari, pd fuoriusciti D’Attorre, Fassina e Mineo, malpancisti come Casson, Tocci, mentre Vannino Chiti ed Erica d’Adda hanno ritirato la loro iniziale adesione. Pronti alla firma esponenti di Sel come la De Petris e Giraudo, ed ex grillini come Campanella.
Gufi, vecchi, frenatori? «La Costituzione è una cosa troppo seria per lasciarla nelle mani di Renzi che, di fatto, sta riesumando il progetto del presidenzialismo berlusconiano», è la convinzione del Comitato. Che non si limiterà a dichiarare guerra alle modifiche istituzionali. Perchè sarebbe il comb\\inato disposto fra fine del Senato ed Italicum a rappresentare il pericolo dell’ «uomo solo al comando»: per questo daranno vita anche ad un “comitato per sì” (guidato da Villone e Rodotà) per un referendum che abroghi premio di maggioranza e capolista bloccati dell’Italicum.