domenica 10 gennaio 2016

La Stampa 10.1.16
Il cattivo uso dei clandestini
di Lorenzo Mondo

Brusca frenata del governo, dunque, sulla cancellazione del reato di immigrazione clandestina, fortemente voluta dal Pd e contestata dal ministro Alfano. Il provvedimento non potrebbe essere adottato in un momento peggiore: proprio quando la paura del fondamentalismo scuote l’Europa e cresce l’insofferenza popolare contro i barbarici costumi (le donne oltraggiate a Colonia) di certi stranieri di fede musulmana, non esclusi i profughi.
Fino a ieri Renzi e i suoi si mostravano afflitti da un’incredibile sordità sui temi della sicurezza e del disagio sociale connesso all’immigrazione, che potrebbero incidere profondamente sulle elezioni di primavera. Ma oggi il premier, pur tenendo in considerazione la ragionevolezza «tecnica» della proposta, suggerisce una pausa di riflessione per il suo impatto psicologico sull’opinione pubblica.
Stentiamo ad entrare nel capzioso guazzabuglio che presiede alla vicenda. Sostengono gli abolizionisti, in primis il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, che la legge attuale è inutile e dannosa. Il reato non ha avuto nessuna funzione dissuasiva, e fin qui ce n’eravamo accorti da soli, hanno torto Salvini e compagnia che gli attribuiscono un alto potere deterrente. Ma, incalza il procuratore, l’apertura di un fascicolo giudiziario per ogni immigrato, assistito da un avvocato d’ufficio, al di là della risibile pena pecuniaria intralcia la scoperta degli scafisti. Se indagati, anziché essere considerati testimoni, i migranti sarebbero restii a denunciarli.
Salta fuori, insieme alle lungaggini di un malinteso garantismo, l’equivoco che rende fumosa e avvelenata la situazione. La preoccupazione sacrosanta di assegnare alle carceri, già stipate all’inverosimile, i mercanti di uomini, elude il problema dei clandestini e del loro ricollocamento o rimpatrio. Basterà assolverli dal reato, per individuarli sollecitamente e indurli ad andarsene? Sempre che lo si voglia, perché non mancano nella sinistra, e non soltanto quella estrema, coloro che non vogliono sentir parlare di clandestini. Da accogliere tutti, indistintamente (è segnata negli annali dello sciocchezzaio politico la battuta della presidente della Camera Boldrini secondo cui molti degli esuli potevano essere definiti partigiani).
Resta la non confortevole sensazione che il problema dei clandestini, anziché essere affrontato unitariamente come merita, sia diventato un pretesto, per ricompattare a destra e a sinistra i rispettivi schieramenti. Sia diventato un simbolo di mezza tacca davanti ai cittadini, traditi da tanta sfrontata imprevidenza.