mercoledì 13 gennaio 2016

La Stampa TuttoScienze 13.1.16
“Le nostre foto dell’Universo subito dopo il Big Bang”
Il test “Alice” torna indietro nel tempo, all’origine di tutto “Ricreiamo condizioni più estreme di quelle di una supernova”
di Antonio Lo Campo

Particelle di nuova natura e la ricreazione dei primi istanti del Big Bang: sono alcuni obiettivi di «Alice», uno dei quattro esperimenti di Lhc, alla cui guida c’è Paolo Giubellino.
Come comincia per lei il 2016?
«Stiamo ancora lavorando sui dati ottenuti nella precedente sessione, quella del 2010-1013. Abbiamo fatto un salto di qualità straordinario nella comprensione del comportamento della materia nucleare a densità e a temperature estreme. Queste ricerche ci portano informazioni essenziali sull’interazione forte, una delle quattro che governano l’Universo. Così si apre una porta per indagare due aspetti di enorme importanza».
Quali sono questi aspetti?
«Primo: come si genera dalla massa dei quark quella delle particelle ordinarie? Secondo: com’era l’Universo nei primi istanti dopo il Big Bang? Come strumento d’analisi abbiamo una sonda d’eccezione: i quark pesanti, charm e beauty».
Di che cosa si tratta?
«Questi quark hanno una massa così grande da essere prodotti solo nelle primissime fasi delle collisioni, quando sono più violente. Si può così disporre di un “tracciante” che si muove nel plasma, uno stato della materia in condizioni estreme, e si combina con altri quark per formare le particelle finali: in questo modo le nostre indagini diventeranno più precise».
Lei definisce il nuovo corso come «Alice 2.0»: quali nuove tecnologie utilizzate?
«Uno dei cardini dell’apparato sperimentale sarà un sistema di sensori monolitici: è una sorta di fotocamera digitale da 15 miliardi di pixel, capace di scattare decine di migliaia di foto al secondo. È la più sofisticata mai costruita ed è stata realizzata a Torino dall’Infn».
Che cosa vi permetterà di scoprire?
«Capiremo meglio il comportamento dei quark quando sono liberi e quindi com’era la struttura dell’Universo nella fase iniziale del Big Bang».
Come leggete i dati?
«Dalla gigantesca mole di dati va fatta una prima scrematura in tempo reale. Attraversando i rivelatori, le particelle generano dei segnali elettrici, che sono trasformati in informazioni digitali. Queste ultime vengono elaborate immediatamente, selezionando le informazioni essenziali relative alle collisioni più interessanti. Ma anche dopo la “pulizia” la mole di dati resta enorme: ciascuno dei test di Lhc ha prodotto nel solo 2015 diversi petabyte di dati: ogni petabyte sono mille terabyte, ovvero un milione di gigabyte. I dati vengono quindi analizzati, estraendo dai segnali le traiettorie e le caratteristiche delle particelle. In questa fase si realizza una trascrizione in varie copie in molti centri di calcolo nel mondo: sono un’ottantina per “Alice”. È a questo punto che si è pronti per l’analisi finale».
Come avviene l’analisi?
«Viene realizzata anch’essa sulla cosiddetta “Grid”, sfruttando 80-90 mila computer sparsi in 169 istituti. Così un ricercatore in Brasile può lavorare con noi in remoto su dati che si trovano in parte in Polonia e in parte in Giappone, usando computer in Inghilterra e in Sud Africa».
Quanti scienziati lavorano con lei?
«Il numero aumenta: in “Alice” sono impegnati 1600 scienziati di 42 nazioni, 150 italiani. Mi piace sottolineare che noi rappresentiamo un decimo del totale, ma ricopriamo assai più di un decimo dei ruoli di responsabilità dei comparti di ricerca. L’Italia ha un ruolo di grande prestigio al Cern».
A che punto è il lavoro per riprodurre i primi istanti del Big Bang?
«Procedono bene e pensiamo di arrivare a una piccola, ma determinante, “goccia” di risultato. Grazie alla sperimentazione con nuclei di piombo sono già state raggiunte temperature di 3 mila miliardi di gradi, paragonabili ai primi milionesimi di secondo dopo il Big Bang. È la prima volta che porzioni di materia più vaste rispetto a singoli protoni vengono portate a temperature così elevate. È un record: è una temperatura 10 volte superiore rispetto a quella dell’esplosione di una supernova».