mercoledì 13 gennaio 2016

La Stampa TuttoScienze 13.1.16
“Scopriremo perché la materia ha vinto sull’antimateria”
Il test “Cms”affronterà anche l’enigma della materia oscura “Ora si progetta un acceleratore di 100 km, ancora più potente”
di Marco Pivato

È successo qualcosa, pochi istanti dopo il Big Bang, che ha segnato il destino dell’Universo, quando la materia ha prevalso sull’antimateria. Il motivo della violazione di questa «simmetria» è una di quelle incognite, insieme con la natura della materia oscura, che Lhc potrebbe svelarci. Tiziano Camporesi, ricercatore italiano affiliato all’Infn e responsabile del rivelatore di particelle «Cms», racconta le aspettative dei fisici.
A che cosa darete la caccia dopo la verifica sperimentale del bosone di Higgs?
«Negli anni Duemila il nostro scopo era esplorare la natura all’epoca del Big Bang, quando il cosmo era un “brodo primordiale” di particelle ad altissima energia. Sapevamo che per “vedere” cosa successe nei primi istanti di vita dell’Universo avremmo dovuto riprodurre le medesime condizioni e queste condizioni sono state riprodotte in Lhc e studiate con l’esperimento “Cms”. Ora Lhc è ora in grado di sviluppare 13 mila miliardi di ElettronVolt. Ciò rappresenta un’ulteriore frontiera e c’è eccitazione per la possibilità di affrontare altri quesiti fondamentali. Tra le scommesse, due, probabilmente, sono quelle più abbordabili: far luce sul rapporto tra materia e antimateria e rivelare la natura della materia oscura».
Che cosa non torna in queste due incognite?
«In origine materia e antimateria dovevano essere di pari quantità. Non sappiamo perché a un certo momento della vita dell’Universo la prima sia prevalsa sull’altra. Anche l’enigma della materia oscura torna sulla scena. Quando misuriamo la velocità di singole galassie in orbita al bordo degli ammassi di galassie, troviamo che la materia visibile nell’ammasso rende conto solo di un sesto della massa necessaria a spiegare il loro moto. Esiste evidentemente dell’altra materia, che non riusciamo a vedere e che, per semplicità, è stata definita “oscura”».
In che modo si potrà fare luce su questi misteri?
«Teorie prevedono che la materia oscura sia parte di un insieme di nuove particelle sconosciute e quindi Lhc potrebbe scoprire ulteriori particelle. Una tale scoperta renderebbe necessari però acceleratori più potenti per studiarle. Al Cern è in fase di studio una macchina che potrebbe raggiungere energie sei volte maggiori di Lhc, con un anello di 100 km. Comprendere invece il perché del primato della materia sull’antimateria è questione non tanto legata alla potenza della macchina quanto alla capacità degli esperimenti di compiere misure di altissima precisione».
Come avvengono in pratica le collisioni?
«Far collidere due protoni non è banale, avendo un diametro di appena un decimillesimo di miliardesimo di centimetro. Equivale a sparare due aghi contemporaneamente da Torino e New York per farli scontrare sull’oceano. Per ottenere, dunque, un numero elevato di collisioni Lhc accelera pacchetti da 170 miliardi di protoni ciascuno, concentrati in un volume di 30 millesimi di millimetro di diametro».
A questo punto interviene «Cms» a rilevare e studiare queste collisioni. Come opera?
«Immaginiamo Cms come una macchina fotografica, dotata di 80 milioni di sensori adatti a vedere le particelle generate dagli urti. Le usuali fotocamere digitali sanno riprendere visi e paesaggi perché sensibili alla luce, ovvero solo ai fotoni, mentre i sensori di “Cms” sono sensibili ai vari tipi di particelle. “Cms” è in grado di scattare 40 milioni di foto al secondo: una quantità di informazioni equivalente a tre volte il totale del flusso di informazioni veicolate, ad oggi, su Internet, nel mondo».
Come riconoscete la particella che si sta cercando?
«Avviene una selezione, che dei miliardi di eventi registrati ne salva un migliaio. Una volta ricostruiti da un computer, questi risultano come immagini che contengono le tracce e le informazioni legate alla natura delle particelle generate. Al lavoro sui dati di “Cms” ci sono oltre 180 istituti da 43 Paesi, per un totale di 2300 fisici».