venerdì 8 gennaio 2016

La Stampa 8.1.16
Cina, la tempesta perfetta fa tremare Europa e America
I mercati globali in rosso dopo la nuova svalutazione dello yuan Mossa di Pechino: basta sospensioni automatiche, creano volatilità
di Francesco Semprini


Con la (presunta) Bomba H di Pyongyang e la nuova svalutazione della moneta cinese, la tempesta è diventata perfetta. Così sono bastati meno di trenta minuti di scambi per veder scattare il blocco forzato delle contrattazioni sui mercati cinesi. E’ iniziata così la giornata finanziaria internazionale, con gli scambi sui listini di Shanghai e Shenzen sospesi per la seduta, dopo che le azioni sono crollate di più del 7%, per la seconda volta questa settimana. A pesare però non stati deludenti dati economici ma la nuova svalutazione dello yuan (-0,5%) da parte della Banca centrale di Pechino, la seconda da inizio anno. Una manovra vista con diffidenza dagli operatori perché una moneta più debole (ora a 0,15 dollari) può aiutare le esportazioni ma fa crescere i rischi per le società indebitate in dollari e aumenta i timori che l’economia del Paese sia peggiore del previsto. E così si è assistito a un effetto domino su tutta la regione Asia-Pacifico, con Tokyo che ha perso il 2,3%, Hong Kong il 2,7%, e Sydney che ha chiuso in calo del 2,2%. Profondo rosso come quello dei futures europei, segnali premonitori che la perturbazione si sarebbe allargata sul Vecchio continente. L’avvio è all’insegna delle vendite ovunque, i ribassi accelerano sino a quando a farsi sentire è di nuovo la Cina questa volta però con una notizia che sembra riportare un po’ di lucidità. Le autorità cinesi hanno deciso di revocare il meccanismo di sospensione automatica degli scambi per volatilità eccessiva e che chiude la Borsa per l’intera giornata. Secondo le autorità del Dragone infatti si rischia di alimentare ulteriore volatilità, e privare la Borsa di ogni opportunità di recupero, con lo spettro di ondate speculative «in short», ovvero al ribasso sul listino. Le piazze europee riducono così i passivi, ma la chiusura in territorio negativo è inevitabile. Londra brucia l’1,96% del valore, Francoforte il 2,29%, Parigi termina a -1,72%, mentre è Milano a minimizzare il passivo cedendo l’1,14 per cento. Basta guardare i volti degli operatori sul «Floor» del Nyse per capire che piega prenderà la giornata: si parte, anzi si precipita. Il decorso è quello di un patologia acuta: il Dow Jones chiude così a -2,32%, perdendo quasi 400 punti, il Nasdaq termina a -3,03%, mentre lo S&P 500 cede il 2,4%. La tempesta di inizio anno ha già bruciato decine e decine di miliardi di dollari di capitalizzazione su tensioni mediorientali, debolezza della Cina svalutazioni, stime di crescita ridimensionati ogni dove (l’ultimo bollettino sul tema è stato quello della Banca mondiale). E ora anche le provocazioni muscolari della Corea del Nord a cui sembra girare le spalle lo stesso alleato cinese che ha altro a cui pensare al momento.
La Casa Bianca cerca di rassicurare e spiega come gli Stati Uniti continuino a vigilare sugli sviluppi della valuta cinese e i movimenti sui mercati. Ma non è finita, la Cina e la sovrapproduzione di greggio infine spingono il barile ancora più in basso, a quota 33,27 dollari, con rischi di alimentare la deriva deflazionista che preoccupa la Federal Reserve, proprio ora che ha deciso di abbandonare la ricetta dei tassi a zero. E pensare che le tensioni in Medio Oriente, in passato, hanno sempre pompato le quotazioni dell’oro nero e reso più alto il costo della vita. Segno dei tempi che cambiano, ma che ricordano momenti drammatici.