venerdì 8 gennaio 2016

La Stampa 8.1.16
Caso Aldrovandi, i poliziotti pagheranno un decimo. Il resto a carico dello Stato
La Corte dei Conti riduce i risarcimenti degli agenti
di Franco Giubilei


La richiesta iniziale era che i quattro agenti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi - il ragazzo pestato a morte durante un controllo di polizia il 25 settembre del 2005 - pagassero in parti uguali e per intero la cifra versata dal ministero dell’Interno alla famiglia della vittima a titolo di risarcimento, cioè un milione 800mila euro circa: 467mila euro a testa. Ma la Corte dei conti in primo grado ridimensionò vistosamente la cifra: 224 mila euro l’uno per Enzo Pontani e Luca Pollastri, l’equipaggio della prima volante intervenuta quella mattina, e 56mila per Monica Segatto e Paolo Forlani, che arrivarono sul posto mezz’ora dopo. Ora il giudizio d’appello ha ridotto drasticamente anche questo indennizzo: i primi due dovranno pagare 67mila euro, la Segatto e Forlani 16mila. In tutto, neanche 170mila euro a fronte degli oltre un milione e 800mila riconosciuti agli Aldrovandi per aver perduto il figlio in quel modo. La differenza resterà a carico dello Stato. «Adesso, dopo dieci anni di processi, è proprio finita, e non è finita bene - commenta con amarezza la madre di Federico, Patrizia Moretti -. La morale mi sembra che chi usa violenza e arroganza alla fine se la sfanga bene: noi abbiamo creduto nella giustizia, ma i quattro poliziotti che hanno ammazzato mio figlio se la cavano con sei mesi di sospensione e un buffetto, e soprattutto sono ancora in servizio, una cosa che mi lascia amareggiata e impaurita». La sentenza di primo grado della Corte dei conti, nel marzo del 2015, aveva individuato carenze di addestramento dei poliziotti addebitando il 70% dell’importo al ministero perché parzialmente responsabile. In appello, la corte si è spinta oltre. «Abbiamo individuato una norma del 2006 che prevede la riduzione fino al 30%, sempre che non vi siano né dolo né illecito arricchimento, come in questo caso, e il giudice ci ha dato ragione - spiega Eugenio Pini, difensore della Segatto -. La sentenza di primo grado è stata coraggiosa, consentirà un miglioramento del sistema di sicurezza». Per la madre di Federico le cose stanno in altro modo: «È una cosa fra loro (i poliziotti, ndr) e lo Stato, da un punto di vista tecnico non mi riguarda. Da cittadina però osservo che lo Stato ci rimette dei soldi per un danno commesso da persone condannate per omicidio. Come mamma, dico che Federico di giustizia ne ha avuta pochina, e questi poliziotti continuano a lavorare, sono ancora in servizio, per la strada, e c’è da avere paura».