giovedì 7 gennaio 2016

La Stampa 7.1.16
Il dibattito sulle unioni civili non è uno scontro laici-cattolici
risponde Andrea Tornielli


Confesso che le manifestazioni delle sentinelle della fede contro l’introduzione di certe leggi mi destano molta preoccupazione. Sono anch’io contrario al riconoscimento dei matrimoni omosessuali e alle possibilità di adozione, oltre che all’equiparazione delle unioni di fatto al matrimonio. Ma le mie ragioni sono squisitamente laiche, come quelle che, a suo tempo, indussero la classe dirigente liberale (l’unica vera classe dirigente che l’Italia unita ha avuto) a impedire l’introduzione del divorzio, in quanto non adatto alle condizioni della società italiana.
Oggi, la famiglia tradizionale svolge in Italia un ruolo importante e difficilmente sostituibile sia nel welfare sia nel sistema produttivo (pensiamo all’assistenza ai bambini e agli anziani, o alla diffusione dell’impresa famigliare) e, quindi, mi pare molto pericoloso aggiungere ulteriori motivi di confusione in un istituto che mi pare abbia già molti problemi. Piuttosto, penso sia giunta l’ora di considerare anche il sostrato reale della famiglia, cioè la necessità che essa possa disporre di un sia pur modesto patrimonio: quindi occorre difendere il risparmio degli italiani dagli eccessi del fisco e dalle troppe frodi perpetrate a suo danno.
In quanto allo sfruttamento a fini confessionali di battaglie di così grande importanza sociale, temo che, in un momento in cui la Chiesa cattolica e i suoi vertici diventano sempre più sovrannazionali, il cresciuto attivismo politico cattolico possa crearci molti problemi: pensiamo all’eventualità che le necessità della nostra politica estera possano confliggere con gli interessi del Vaticano.
di Giuseppe Marchisio

Gentile Giuseppe, io credo che vada garantito a tutti e sempre il diritto a manifestare liberamente, a patto che ciò venga fatto in modo pacifico. Purtroppo nel nostro passato anche recente abbiamo avuto tanti esempi di come ciò non sia avvenuto e di come interi quartieri di Roma come di altre città siano stati messi a ferro e fuoco.
Uno può condividere o meno la modalità di esprimere il proprio dissenso, può condividere o meno l’oggetto del contendere - in questo caso il Ddl Cirinnà sulle unioni civili - ma non vedo come la manifestazione silente di persone che stanno in piedi, ferme, in una piazza, costituisca un fatto preoccupante: non pretendono di rappresentare tutto il mondo cattolico. E se invece di fare manifestazioni pubbliche, organizzano una catena di preghiere, quanto di più inerme possa esistere, non ci vedo nulla di male. Preoccupante è, piuttosto, il fatto che queste «sentinelle» qualche volta siano state aggredite.
Sono però assolutamente d’accordo con lei: la questione delle unioni civili, e della step-child adoption, non va confessionalizzata né presentata come terreno di scontro laici-cattolici. Il matrimonio, l’origine della vita, la dignità della donna, la protezione dei bambini, sono argomenti su cui cercare di dialogare al di là degli steccati. Condivido la sua osservazione sull’importanza di politiche di sostegno alla famiglia. Non credo invece che rappresenti un problema il fatto che i cattolici, come tutti gli altri cittadini, contribuiscano con la loro voce e i loro valori al dibattito pubblico. Né mi pare un problema l’eventualità che la politica estera italiana non sia in linea con quella della Santa Sede.