giovedì 7 gennaio 2016

La Stampa 7.1.16
Laici-cattolici, è l’ora del dialogo
di Luigi La Spina


Il dibattito sulle unioni civili può essere considerato un esempio illuminante di quanto sia difficile affrontare i problemi delle moderne nostre società con le categorie culturali, morali e religiose che hanno guidato le scelte politiche del secolo scorso. Una considerazione che può riguardare temi etici, come quelli in discussione su questa legge, ma che può essere estesa alla questioni più importanti che investono l’Italia e l’Europa in questi giorni, dagli interventi militari in zone di terribili guerre civili, alle sorti di migrazioni sui nostri confini di epocale imponenza e di angosciosa drammaticità.
È evidente l’inefficacia e l’inutilità, per risolvere i dilemmi sulle coppie omosessuali e sulle adozioni di bambini avuti da un partner, di partire dalle tradizionali divisioni tra laici e cattolici, tra innovatori e conservatori, ma anche dai comodi recinti della sinistra e della destra per tentare i soliti compromessi parlamentari che, in teoria, acquietano le coscienze e che, in pratica, consentono di comportarsi come meglio si creda. Ma è altrettanto evidente come, se davvero dovessimo intervenire con le armi sul suolo libico, tali categorie non ci aiuterebbero a capire se questo sarebbe o no il caso di quella «guerra giusta» che angustiava il pensiero di Bobbio all’epoca dell’invasione nell’Iraq di Saddam. Solo alla luce di questa riflessione, inoltre, potrebbe non sorprenderci l’atteggiamento allarmato di paesi scandinavi, caratterizzati da una lunga tradizione politica socialdemocratica e da una diffusa sensibilità culturale e sociale improntata a grande tolleranza, di fronte alla pressione migratoria nei loro territori.
Così, in modo solo apparentemente paradossale, proprio sulle questioni etiche più pressanti, come quella della morale familiare, si potrebbero cercare e realizzare intese concrete e ragionevoli che, senza abiure di principi legittimi legati alla coscienza di ciascuno di noi, consentano di garantire il rispetto di esigenze affettive ed economiche di ogni coppia, anche omosessuale e, soprattutto, di aiutare i soggetti più deboli della coppia, i figli.
Proprio se non si confonde l’etica laica con l’indifferentismo morale, la libertà di coscienza con l’assoluta liceità di ogni comportamento umano, l’accoglienza del diverso con la disponibilità a rinnegare i fondamenti della nostra identità, non sarà difficile ammettere il turbamento che, in molti laici, desta la pratica del cosiddetto «utero in affitto», un sistema procreativo che, oltre a uno sfruttamento del corpo della donna, legittima non il comprensibile desiderio di avere un figlio da parte di una coppia, ma l’assoluto diritto ad averlo, a qualsiasi costo e con ogni mezzo. Come deve essere prevalente, anche per un laico, l’interesse del bambino, della sua felicità familiare, della sua maturazione psicologica e fisica rispetto alle volontà dei genitori.
Proprio se non si confonde la coscienza cristiana con l’integralismo religioso, la volontà di tutelare la famiglia come risorsa importante per la coesione sociale morale di una nazione con l’imposizione di un solo modello di tale famiglia in un mondo ormai completamente cambiato, si dovrebbe riconoscere il vantaggio per un bambino di trovare un’altra persona, conosciuta da tempo come un genitore, che possa riversargli altrettanto amore e assistenza di un padre o di una madre, ad esempio, deceduti. Situazioni così delicate, peraltro, che anche il recente sinodo dei vescovi, indetto da Papa Francesco proprio sui temi della famiglia, non è riuscito a risolvere con verdetti draconiani e senza un drammatico confronto interno.
Ecco perché, questa volta, la politica potrebbe evitare il solito compromesso pasticciato, elusivo, ambiguo che parte da una mediazione dei principi, impossibile per definizione, per arrivare a un sostanziale via libera a tutti i comportamenti privati, elusivi di una legge valida solo sulla carta sulla quale è stata scritta. Se il rispetto per tutte le esigenze affettive e patrimoniali delle coppie e la salvaguardia dei diritti dei bambini fossero davvero i soli punti di partenza e di arrivo per stilare norme adeguate ai nuovi tempi e capaci di tutelare l’interesse del «bene comune», come certamente la famiglia è, non dovrebbe essere difficile l’incontro tra laici e cattolici. Non su questioni antiche, su vecchie dispute tra «diritto naturale» e «diritto positivo», tra obbedienza alla legge divina e autodeterminazione delle scelte morali, ma sul coraggio di affrontare, senza pregiudizi e con volontà di collaborazione, questioni che ormai hanno sconvolto schieramenti politici e convinzioni culturali. È vero che ci vuole tempo per sradicare le vecchie abitudini dai cervelli degli uomini, ma spesso la storia non ha questo tempo per aspettare.