giovedì 7 gennaio 2016

Il Sole 7.1.16
Unioni civili, scende in campo la Cei
Bagnasco: «Nessuna istituzione deve oscurare la realtà della famiglia con delle situazioni similari»
Crepe nel Pd sulla stepchild adoption
Alfano: faremo referendum, carcere per l’utero in affitto
di Emilia Patta


ROMA «Nessun’altra istituzione deve oscurare la realtà della famiglia con delle situazioni similari», perché «significa veramente compromettere il futuro dell’umano». E ancora: «Nessun’altra forma di convivenza di nucleo familiare, pur rispettabile, può assolutamente indebolire la centralità della famiglia, né sul piano sociologico né sul piano educativo. La Chiesa conferma la propria profonda convinzione verso la famiglia come il grembo della vita umana» e «come la prima fondamentale scuola di vita, di umanità, di fede di virtù civiche, umane e religiose».
Il 26 gennaio, data dell’approdo in Aula a Palazzo Madama del Ddl sulle unioni civili, si avvicina. E come era prevedibile la Chiesa comincia a far sentire ufficialmente la propria voce tramite il presidente della Conferenza episcopale italiana nonché arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Il richiamo di Bagnasco è avvenuto ieri, a margine della Messa dell’Epifania, e senza entrare nei dettagli del Ddl Cirinnà all’esame del Parlamento dà la direzione: sì al riconoscimento delle coppie gay (forma di convivenza «rispettabile») e no ad ogni ipotesi di adozione (famiglia «grembo della vita» e centrale «sul piano educativo»). È la stessa posizione non a caso espressa dal ministro dell’Interno e leader del Ncd Angelino Alfano, che in queste ore sta alzando un po’ la voce sul Ddl Cirinnà che il Pd vuole portare in Aula così com’è.
Alfano e i suoi sono contrari alla stepchild adoption, ossia alla possibilità di adozione del figlio naturale del compagno all’interno della coppia gay. Ma sono contrari anche ad altre soluzioni avanzate in queste ore da alcuni cattolici del Pd più sensibili al richiamo della Chiesa, come ad esempio la soluzione dell’affido rafforzato. Un no su tutta la linea contro il tema adozione, dunque, che per il leader centrista ha una valenza tutta politica. «Deve sopravvivere anche lui...», commenta un dirigente renziano. Quindi è lo stesso Alfano, a questo punto, a non essere interessato ad alcuna mediazione. Lanciando il referendum abrogativo pianta una bandierina di distinzione dal Pd che gli sarà utile elettoralmente. Meglio dunque far passare la legge così com’è, con tutta la stepchild adoption, per poi intestarsi la battaglia referendaria di fronte a un elettorato moderato e cattolico sensibile al tema. «Nessuno ha mai minacciato crisi di governo», ribadisce infatti Alfano. Si tratta di un tema che non era nel programma di governo, di materia parlamentare, sul quale anche il Pd ammetterà qualche dissenso “di coscienza”. E sull’utero in affitto, Alfano si spinge a chiedere addirittura la pena del carcere.
Insomma il patto non scritto tra Renzi e il suo maggiore alleato di governo comincia a prendere forma: con la sua differenziazione Alfano guarda ad un elettorato cattolico più tradizionalista, e il premier da parte sua può portare a casa un’importante legge “di sinistra”, con il supporto di Sel e del Movimento 5 stelle, prima delle amministrative di giugno e senza strappi nella maggioranza di governo.
Quanto al referendum abrogativo annunciato da Alfano, è il costituzionalista ed ex senatore del Pd Stefano Ceccanti a far notare che in ogni caso non potrà essere totale, ma solo parziale, magari proponendo di cancellare solo la stepchild adoption. «In due distinte sentenze (138/2010 e 170/2015) la Corte costituzionale ha detto che una legge vi deve essere altrimenti sarebbe violato l’articolo 2 della Costituzione». E questo dovrebbe rispondere anche alle preoccupazioni di costituzionalità del Ddl Cirinnà espresse da alcuni cattolici del Pd.