La Stampa 30.1.16
“In Libia 5000 miliziani dell’Isis pronti a colpire l’Occidente”
L’allarme nel rapporto presentato all’assemblea Nato da Manciulli
“Lo Stato islamico si è consolidato anche grazie ai foreign fighters”
di Guido Ruotolo
Le
stime della nostra intelligence ipotizzano una presenza dell’Isis in
Libia che oscilla tra le 3500 e le 5000 unità, in gran parte «foreign
fighters» tunisini, algerini, maghrebini.
Il loro centro di
«smistamento» è Nofaliya, nel distretto di Sirte. Mentre proprio nella
città di Muammar Gheddafi, il Califfato libico gestisce una banca
islamica, dopo aver confiscato la filiale della banca libica.
La
presenza dell’Isis è radicata soprattutto nel distretto di Sirte e lungo
la fascia costiera. Il controllo della costa settentrionale, secondo i
nostri analisti, non è solo un primo passo per la conquista di tutta la
Libia, ma è la base da cui possono partire per le incursioni contro
obiettivi «occidentali» e per le operazioni terroristiche in Italia.
Nella
relazione sull’Isis approvata nel novembre scorso dall’Assemblea
parlamentare della Nato, il relatore Andrea Manciulli scrive: «Il
consolidamento dell’Isis in Libia costituisce una grave minaccia
all’intero quadrante Nord Africano e, per estensione, alla sicurezza dei
fianchi Sud e Sud-Est dell’Alleanza Atlantica. La Libia sembra
rappresentare per l’Isis un hub ideale da sfruttare come centro di
coordinamento per la propria agenda o come base operativa avanzata da
cui cellule affiliate e «foreign fighters» possano condurre azioni
ostili negli Stati limitrofi o nel Mediterraneo».
Gheddafi aveva
duramente represso ogni forma di islamismo radicale, imprigionando
migliaia di islamisti che, soprattutto in Cirenaica, subivano
l’influenza dei Fratelli Musulmani radicati in Egitto. A partire dal
febbraio 2011, con la rivoluzione e il crollo del regime di Gheddafi, le
formazioni islamiste hanno preso piede soprattutto nella Cirenaica:
Ansar al Sharia, Al Qaeda del Magreb. Derna si è trasformata nel
«santuario dell’estremismo religioso», secondo l’analista Gabriele
Iacovino, del Centro Studi Internazionali (Ce.si). È solo a partire
dalla primavera del 2014, che l’Isis comincia a radicarsi in Libia.
Avviene quando i miliziani di Derna («gruppo Battar») tornano a casa da
Iraq e Siria e fondano il «Consiglio della Shura della Gioventù
islamica». Il Califfo manda in Libia nel settembre 2014 lo yemenita Abu
Al Baraa el Azd, che due mesi dopo è proclamato emiro del Califfato di
Derna.
«Oggi - scrive Iacovino - di quel fronte attivo del 2013
riunito sotto l’effigie del Consiglio dei Mujaheddin di Derna
sopravvivono solo la locale sezione di Ansar Al Sharia guidata da
Abu-Sufyan Bin Qumu, l’ex autista di Bin Laden, e la Brigata dei Martiri
di Abu Salim».
In questi anni, le diverse formazioni jihadiste
hanno combattuto guerre fratricide. Derna, nel luglio scorso, è stata
riconquistata dalle formazioni locali e l’Isis ha subito gravissime
perdite, anche se oggi avrebbe ripreso alcuni quartieri della città. Ma a
Bengasi, Ansar Al Sharia e Isis si ritrovano insieme a fronteggiare
l’esercito libico del generale Haftar.
La «capitale» dell’Isis è
diventata Sirte, dove i miliziani sono alleati con i filo-gheddafiani.
Oggi l’Isis è strutturata in tre dipartimenti: il Wilayah Bayda per la
Cirenaica; il Wilayah Tarabulus per Tripoli e dintorni e il Wilayah per
il Fezzan. L’intelligence segnala presenze di Isis anche a Tripoli,
Sabratha, Ajdabiya. Ma c’è un aspetto finora sottovalutato che riguarda
il ruolo del ramo libico dell’Isis. Scrive Manciulli: «Alcuni fattori
specifici minano la capacità dell’organizzazione terroristica di
consolidare la propria presenza nell’area. Tra questi: la particolare
connotazione etnico-tribale della popolazione libica e l’attuale
controllo esercitato dalle milizie locali sugli assetti strategici e
petroliferi del Paese».
Anche in Libia l’Isis sperimenta la guerra
«asimmetrica», conquistando territori, esercitando forme di controllo
sociale sull’economia (banche e attività economiche predatorie) e
sferrando attacchi. Nel gennaio del 2015 alcuni terroristi colpirono
Tripoli con un attacco suicida all’hotel Corinthia. A febbraio
pubblicarono sul web il video delle decapitazioni dei 21 lavoratori
egiziani copti, avvenute probabilmente sulla spiaggia di Sirte. Ad
agosto, piazzarono un’autobomba a Tripoli davanti gli uffici della
«Mellitah oil and gas». E infine il 7 gennaio scorso, fecero esplodere
una cisterna davanti alla scuola di polizia di Zlitan.